Una casa di cura cattolica per anziani a Diest, in Belgio, è stata citata in giudizio dalla famiglia di una paziente di 74 anni malata di cancro per aver negato l’accesso al suo medico che doveva praticarle l’eutanasia quattro anni fa.
Mariette Buntjens, in ambulanza, è stata portata a casa sua, per essere “ammazzata in pace”. Cosa avvenuta puntualmente alla scadenza stabilita.
La figlia, Nadine Engelen, ha citato l’associazione senza scopo di lucro a cui la casa di riposo di Sint-Augustinus appartiene. Dopo due rinvii, l’udienza si terrà in aprile a Lovanio.
La questione è delicata e dirimente.
La legge belga in realtà non “permette” l’eutanasia, ma “non punisce” coloro che la praticano. Quindi il diritto all’obiezione di coscienza non dovrebbe essere messo in discussione, perché non c’è tecnicamente un “diritto” all’eutanasia.
Ma la lobby pro morte vorrebbe che le istituzioni sanitarie fossero obbligate ad eseguire l’eutanasia all’interno delle loro mura.
E’ da notare che una storia che comunque si trascina da quattro anni è stata portata alla ribalta dai media proprio ora, all’indomani delle polemiche suscitate dalle dichiarazioni del nuovo Arcivescovo di Bruxelles, Jozef De Kesel.
Il Monsignore, da alcuni molto criticato perché pare abbia assunto posizioni eterodosse in diverse occasioni, sembrava un progressista innocuo alla lobby pro morte. Invece ha preso una netta posizione a favore dell’obiezione di coscienza senza se e senza ma, sia in caso di eutanasia che di aborto.
Wim Distlemans, presidente della commissione federale pro eutanasia, ha detto ai media fiamminghi che la maggior parte degli ospedali e case di cura nelle Fiandre sono ancora cattolici oggi. Quindi se si consente loro di esercitare l’obiezione di coscienza sarà davvero un bel “problema”.
Redazione
Fonte: LifeSite News