Mentre si avvicina a grandi passi la data spartiacque del 24 settembre 2019, sono una trentina le associazioni cattoliche e/o pro life che si oppongono ai disegni di legge sull’eutanasia. Se nessuna delle bozze depositate in Parlamento dall’inizio della legislatura sarà approvata, la Corte Costituzionale si pronuncerà autonomamente sul fine vita.
Il rischio è quello di una depenalizzazione dell’eutanasia, che spingerebbe l’ordinamento italiano a livelli di permissivismo paragonabili a quelli delle legislazioni del Nord Europa. Il rimedio alla deriva pro morte suggerito dalle associazioni pro life consiste in una modifica urgente dell’articolo 580 del Codice Penale, introducendo un’attenuazione – ma non una depenalizzazione – del reato di aiuto al suicidio, in alcune specifiche circostanze.
Il Parlamento «non può lasciare legiferare sulla vita e sulla morte un Giudice, come accadrà fra 70 giorni da oggi se la Camera non fisserà subito l’aula per deliberare», hanno dichiarato lo scorso 10 luglio in una nota congiunta le associazioni, tra le quali figurano Alleanza Cattolica, Psicologi e Psichiatri Cattolici, Associazione Ai.Bi. Amici dei Bambini, Associazione Nazionale Famiglie Numerose, Associazione Steadfast Onlus, Centro Studi Rosario Livatino, Comunità Papa Giovanni XXIII, Comitato Difendiamo i Nostri Figli, Movimento Cristiano Lavoratori, Movimento Italiano Genitori, Movimento per la Vita, Movimento Politica Etica Responsabilità, Unione Farmacisti Cattolici. «I tre disegni di legge che all’inizio di questa legislatura erano stati presentati sono tutti e tre disegni di legge a fortissimo carattere eutanasico», prosegue la nota.
Intervistata dall’agenzia Dire, la senatrice di Forza Italia Paola Binetti ha fatto appello al governo affinché si possa «discutere e affrontare in Senato una tematica così importante». L’auspicio è anche «che le cure palliative vengano davvero somministrate in tutto il Paese», non solo per quanto riguarda «gli aspetti strettamente farmacologici» ma includendo anche la musicoterapia, la riabilitazione, la fisioterapia, «la cura e l’assistenza religiosa», pur senza «carattere confessionale».
Va ricordato che la Corte Costituzionale ha imposto al Parlamento di prendere posizione a seguito del caso relativo alla morte di Dj Fabo, accompagnato personalmente a morire presso una clinica svizzera dall’esponente radicale Marco Cappato, il quale, in tal modo, agì in contrasto con il menzionato articolo 580 del Codice Penale che proibisce il suicidio assistito.
«Fino adesso questa situazione», ha proseguito la senatrice Binetti, «veniva configurata immediatamente come eutanasia, oggi si cerca di distinguere tra l’assistenza al paziente che vuole suicidarsi che l’ha già deciso oppure l’istigazione al suicidio, cioè spingere una persona a suicidarsi come abbiamo visto in molti casi drammatici recentemente, anche legati a bullismo e cyberbullismo».
Luca Marcolivio