Un ultimatum che ha tutti i connotati di un bivio che il Parlamento – e quindi il Paese – dovrà affrontare, per decidere se contrastare le pratiche eutanasiche o, al contrario, agevolare il suicidio e l’omicidio per scartare chi non sarà più degno di vivere. Un bivio che, in realtà, non dovrebbe neanche presentarsi come tale, visto che gli stessi principi fondamentali della nostra Costituzione danno una risposta affermativa e positiva ai quesiti sulla dignità di ogni vita umana, sul suo valore incommensurabile e sul dovere, da parte dello Stato, di adoperarsi per consentire lo sviluppo e la tutela della persona e non la sua soppressione.
Purtroppo, però, il contraltare di questi valori fondamentali, è quella che più volte Papa Francesco ha indicato come “cultura dello scarto”, volta a far passare la morte come un “diritto” e per questo quindi dare al medico il “dovere” di far finire una vita quando lo si ritiene opportuno.
Quando un medico, lo Stato o anche la stessa persona coinvolta – sotto la falsa maschera dell’autodeterminazione – possono decidere che una vita è degna di poter continuare mentre un’altra no, ecco allora che si sfocia nella drammatica realtà della “morte per tutti”. Tutti coloro i quali sono malati, hanno qualche forma di disabilità, sono anziani, tristi, depressi o anche solamente sono stufi della propria esistenza. Ecco quindi la necessità di ribadire come l’eutanasia e il suicidio assistito, se regolamentate e legalizzate, sono solamente il primo passo per dare a tutti la possibilità – e a volte l’obbligo – di morire.
Tornando alla questione legislativa, il Parlamento finora non ha prodotto alcunché: tra diverse proposte di legge eutanasiche che è bene non siano passate, ce ne sono anche due, una alla Camera e una al Senato, che invece, attenuano la pena per chi agevola l’esecuzione di un suicidio in alcuni casi, introducono nella legge 219/17 sulle Dat il diritto all’obiezione di coscienza ed escludono il nutrimento e l’idratazione dal novero dei “trattamenti sanitari”.
Rispetto a qualche settimana fa, quando eutanasia e suicidio assistito non erano neanche stati calendarizzati nei lavori di settembre del Parlamento, è cambiato praticamente tutto nel quadro politico italiano, con la crisi del governo Conte e l’insediamento del nuovo esecutivo rosso-giallo. Il fatto che il fine vita non sia oggetto del programma di governo, come ha dichiarato lo stesso Conte, non significa infatti che la questione sia chiusa a livello parlamentare. Ecco perché, soprattutto negli ultimi giorni, decine di associazioni si stanno alzando in piedi e stanno facendo sentire la propria voce, proprio per chiedere che l’attenzione del Legislatore e della politica in generale si sposti sulle cure, sul debellare le sofferenze e non i sofferenti.
Alcuni dati allarmanti, in tal senso, parlano di solo il 30% dei malati di tumore che hanno accesso alle cure palliative, dalle quali, però, restano esclusi addirittura i bambini.
Dunque se si dovesse arrivare al 24 settembre senza un risultato da parte del Parlamento sui temi del fine vita, speriamo che la Corte Costituzionale non sia così compatta nel voler emanare una sentenza che, con la scusa di voler tutelare l’autodeterminazione di Dj Fabo, finisca per fare legge e, quindi, spianare la strada all’uccisione di migliaia di persone.
Il popolo pro vita, è pronto anche a scendere in campo per un grande evento pubblico chiamando a raccolta tutte le associazioni e i movimenti. Se sarà necessario diremo ad alta voce, nella pubblica piazza, che il popolo italiano si oppone alla ‘cultura dello scarto'” e chiede di eliminare la sofferenza non i sofferenti.
di Jacopo Coghe
Tratto da Il Giornale