27/03/2019

Eutanasia, Fico: «Non possiamo perdere tempo»

Recentemente, la Corte Costituzionale ha “bacchettato” i politici, perché si sarebbero impegnati troppo poco nell’assecondare quella vera e propria corsa all’eutanasia, che, già iniziata con l’approvazione della legge sulle Dat, si è accelerata con il Ddl del M5S.

Così, dopo l’esortazione della Corte costituzionale, spiega Tgcom24, il presidente della Camera Roberto Fico è tornato a sollecitare direttamente senza mezzi termini i parlamentari con queste parole: «Sul tema del fine vita esistono sensibilità diverse, posizioni politiche che devono trovare una sintesi, non possiamo perdere tempo». Un invito, questo, che da solo basta a descrivere i tratti principali della mentalità eutanasica. Fico ammette, infatti, che sul tema vi siano «sensibilità diverse», per giustificare, in tal modo, una da lui auspicata «sintesi». Come se l’intero destino di un essere umano possa essere affidato ad una legge che è tale non perché fondata sul diritto naturale, ma solo in quanto “media” tra più sensibilità.

Inoltre, come non considerare il fatto che ciò a cui Fico si appella per correre alla legalizzazione dell’eutanasia siano delle “sensibilità”, attribuendo così a queste ultime, per natura mutevoli in base alle emozioni, il potere di decidere su un destino irrevocabile, definitivo: quello della morte?

E, ancora, come non notare che in questa “corsa”, in realtà, c’è solo una sensibilità che viene presa in considerazione, a scapito di tutte le altre? Se, infatti, si tenesse davvero conto di tutte le posizioni, si dovrebbe dar peso anche a quella di chi è contrario, anziché soffocarla con la fretta di legiferare a riguardo.

In ogni caso, si può mai affidare alla democrazia un valore, quello della vita, che, in quanto non negoziabile, la trascende di gran lunga? Come possono delle persone stabilire quando un uomo è più o meno degno di vivere?

Se, infatti, la vita di un sofferente è così deprezzata al punto tale da meritare una decisione sbrigativa, non sarà difficile che questo, nella travagliata condizione in cui versa e sentendo che, a parer di alcuni, la sua vita non valga la pena d’essere vissuta, opti per l’eutanasia.

700 persone – leggiamo su Repubblica – hanno chiesto indicazioni su come morire in Svizzera e “per” loro l’Associazione Coscioni sta chiedendo firme, affinché il Parlamento legiferi quanto prima sull’eutanasia. Se si impiegasse tempo, invece, a facilitare la vita di quelle persone, con le cure e le attenzioni adeguate, piuttosto che la morte, forse di eutanasia non parlerebbe (finalmente) più nessuno.

Luca Scalise

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