Ancora una volta, parlando di eutanasia, ci tocca ripetere: «Alla faccia della libertà di scelta, alla faccia dell’autodeterminazione!». Eh sì, perché se è in nome della libertà e dell’autodeterminazione che si vuol legiferare a più non posso sull’eutanasia, è proprio l’eutanasia stessa a far morire, insieme al sofferente, anche la sua libertà e la sua autodeterminazione.
Nei Paesi Bassi, come racconta un articolo di Life News, è in corso un processo ad un medico, per aver praticato l’eutanasia ad una donna non consenziente. Non è certo il primo e, se gli stati continuano a far cadere uno alla volta tutti i paletti legali all’eutanasia, non sarà neanche l’ultimo. «Il caso riguarda l'eutanasia di una donna con demenza che si è ribellata. Il dottore sedò la donna mettendo di nascosto dei medicinali nel suo caffè. La donna continuò a resistere, così il medico richiese alla famiglia di tenerla ferma mentre le praticava una iniezione letale».
Quando la donna era ancora ritenuta in grado di intendere e di volere, aveva redatto un testamento biologico non del tutto chiaro, così, ora, il medico, indagato per omicidio, può affermare, a sua discolpa, di aver agito nel migliore interesse della signora. Peccato che quest’ultima sembrava aver cambiato idea.
Bel problema si pone quando è possibile redigere delle disposizioni anticipate di trattamento. Queste, infatti, “inchiodano” il paziente a quanto ha stabilito nel suo testamento biologico. Così, se questo si trovasse in condizione di non poter modificare il testamento biologico, nel caso di un cambio di idea, verrebbe ben presto condotto a morte, anche contro la propria volontà.
Stiamo bene attenti, dunque, perché tutto ciò è reso possibile dall’estendersi a più non posso delle condizioni di legalità dell’eutanasia. Aprirle anche solo uno spiraglio è come perforare una diga. Speriamo che politici italiani si passino una mano sulla coscienza e non aprano mai questo spiraglio letale.
di Luca Scalise