Sono passati pochi giorni dalla sentenza della Corte Costituzionale in tema di suicidio assistito e già si sente parlare delle prime ipotesi su questa pratica e su particolari che andrebbero ad ampliare i casi di interruzione delle terapie.
Come riporta l’Ansa, il Giudice tutelare del Tribunale di Roma, infatti, ha stabilito che si può chiedere, in determinati casi, l’interruzione delle terapie anche in assenza del testamento biologico da parte del paziente, ma a patto che egli abbia precedentemente espresso tale volontà ad un proprio “rappresentante”, ovvero ad un amministratore di sostegno designato.
L'intervento del giudice tutelare sarà necessario solo se vi fosse opposizione da parte del medico a procedere. L'amministratore di sostegno di un paziente, spiega il segretario dell'Associazione Coscioni Filomena Gallo, «può dunque richiedere l'interruzione delle terapie per quel soggetto se lo stesso paziente aveva già espresso in precedenza una volontà in tal senso, pur non avendo fatto un Testamento biologico».
Un provvedimento che, però, potrebbe aprire – e di fatto già lo fa – a ricorrere al suicidio assistito in molti casi e, soprattutto, con il rischio che non ci sia un vero consenso da parte del paziente, poiché si tratterebbe solamente di esprimere una volontà anche oralmente, quindi senza niente di scritto e dunque senza nulla di certo.
L’ennesima decisione, quindi, che rischia di discriminare ancora di più i malati e i disabili e si allontana da una loro effettiva tutela.
di Salvatore Tropea