Non molto tempo fa avevamo presentato il caso di una donna anziana a cui era stata praticata l’eutanasia, nonostante fosse non consenziente. La donna, in stato di demenza, negli anni precedenti «aveva redatto un testamento biologico non del tutto chiaro».
Così, quando la famiglia ha deciso che era giunta l’ora di farla morire, il medico la sedò con l’inganno, mescolando dei medicinali in un caffè offertole. L’impresa, però, non andò a “buon fine” e, dato che la donna si stava ribellando, «il medico chiese alla famiglia di tenerla ferma mentre le praticava una iniezione letale».
Raccontando la vicenda, quando ancora era in corso il processo del medico, riflettevamo su quanto fosse menzognero affermare che il testamento biologico garantisca libertà ed autodeterminazione ai pazienti che lo redigono (dal momento che non tutti, nel caso di un cambio di idea, potrebbero essere in condizione di modificarlo).
Oggi, veniamo a sapere da un articolo di Tempi che il medico è stato assolto. Pare, infatti, che, per il giudice, accertarsi della volontà della paziente fosse solo una «precauzione non necessaria», dal momento che il medico ha solo rispettato le disposizioni anticipate di trattamento.
Sempre meno giorni ci separano dalla data – il 24 settembre - in cui il nostro Parlamento dovrebbe esprimersi in materia di eutanasia e suicidio assistito. Nei Paesi che già da anni hanno legalizzato queste pratiche e che se ne dicono pionieri, specialmente nel Nord Europa, ormai si moltiplicano sempre di più i casi in cui i pazienti vengono eliminati anche senza consenso.
Dire che verificare la volontà di un paziente è una «precauzione non necessaria» significa semplicemente dire che il testamento biologico vale più del paziente stesso e che la libertà e l’autodeterminazione promesse erano solo fandonie.
Tutto ciò che è successo all’anziana signora potrebbe accadere a ciascuno di noi, speriamo che i nostri governanti non ci espongano a questi gravi pericoli.
di Luca Scalise