Il 2022, lo sappiamo, sarà per l’Italia un anno cruciale per le battaglia in favore della vita. Tra referendum sull’omicidio del consenziente proposto dai Radicali e il disegno di legge sul suicidio assistito in discussione alla Camera, le spinte eutanasiche sul fine vita si fanno sempre più pressanti.
Per il prossimo 9 febbraio Pro Vita & Famiglia ha organizzato un incontro-dibattito proprio su questi temi, (Scopri il programma e iscriviti cliccando qui) con importanti relatori provenienti dal mondo medico-scientifico, giuridico, facenti parte della società civile e religiosa, ma anche dall’estero, per portare la testimonianza di ciò che accade oltre confine. Tra i relatori, infatti, ci sarà anche Kevin Yuill, Lecturer presso l’University of Sunderland, suicidologo e da anni in prima linea proprio sui temi del fine vita e dell’eutanasia. Pro Vita & Famiglia lo ha intervistato.
Professor Yuill, l’Eutanasia viene vista, da alcuni, come la “dolce morte”. Perché, secondo lei, non è affatto così? Cosa ci può dire, in merito a questo, di ciò che accade all’estero?
«L’Eutanasia è la morte causata da un’iniezione letale. A meno che non chiamiamo “dolce morti” le condanne a morte negli Stati Uniti eseguite tramite iniezione letale, è ridicolo chiamare queste iniezioni mortifere “morti buone”. Si tratta di omicidio. Come per le condanne a morte, un errore umano o un problema inaspettato può sempre accadere; il caso noto come “coffee death” (“morte per caffè”) in Olanda è abbastanza illustrativo, cioè il caso di un paziente con demenza che dovette essere immobilizzato con la forza mentre i suoi familiari gli somministravano l'iniezione letale, in quanto la droga che avevano messo nel suo caffè non era riuscita a privarlo dei sensi. Dove viene legalizzata l’eutanasia, come in Oregon, il tempo dal momento della somministrazione del “farmaco” letale fino alla morte varia da sei minuti a otto ore, con una durata media di cinquanta minuti. Si tratta di un processo molto più lento delle esecuzioni capitali».
Secondo lei come possono essere ampliate e migliorate le cure palliative, affinché ci si possa accedere anziché pensare all’alternativa dell’Eutanasia?
«La buona notizia è che la maggior parte delle morti - che avvengano o meno in strutture di ricovero - sono morti tranquille. Le paure di coloro che vogliono la possibilità di scegliere l'eutanasia non sono ben fondate. Ma cosa determina una morte buona o cattiva? Un sondaggio tra manager degli hospice ha messo in evidenza una risposta sulla quale c’era grande consenso: una "buona" morte era associata alla capacità di controllare i sintomi del paziente e di aiutarlo a prepararsi e ad accettare la morte; una morte "cattiva" era associata all'incapacità di affrontare le emozioni negative del paziente, con conseguente mancanza di accettazione della morte e angoscia per i membri della famiglia. Quindi la risposta è integrare i servizi degli hospice (strutture di ricovero) nell’ambito delle prestazioni sanitarie di un Paese, al fine di garantire che gli operatori sanitari siano ben formati e addestrati nella prevenzione del dolore, e di comprendere che la morte (incluso per atei come me) non è semplicemente un evento medico-sanitario, ma un evento di rilievo esistenziale per il paziente. (per approfondire si veda: Elena Semino, Zsófia Demjén, and Veronika Koller, ‘“Good” and “bad” deaths: Narratives and professional identities in interviews with hospice managers, Discourse Studies, Volume: 16 issue: 5 (Oct, 2014), 667-685.)».
Quali consigli, in base alla sua esperienza, vuole dare alla politica italiana affinché non si vada verso una deriva pro-Eutanasia?
«In primo luogo, non ci si deve illudere che si tratti solo di principi religiosi "superati". Il principio 'Non uccidere' è importante anche per coloro che non appartengono alla tradizione cristiana. Si deve guardare a ciò che viene detto piuttosto che puntare pigramente il dito contro chi lo dice. In secondo luogo, bisogna riconoscere che non c'è un reale bisogno di eutanasia: la maggior parte delle morti sono tranquille e non c'è alcuna "crisi". Semmai, la prospettiva di una morte tranquilla migliora con il progresso tecnologico. In terzo luogo, bisogna riconoscere che la legalizzazione dell’eutanasia costituisce un passo grave che ha profonde implicazioni morali e sociali. In Canada, per esempio, c'è un divario tra coloro la cui vita è considerata, da loro stessi e dallo Stato, come scomoda e a cui viene offerta la morte, e coloro il cui desiderio di morire viene confrontato con le misure di prevenzione del suicidio. Parte del dovere dello Stato è proteggere TUTTI i suoi cittadini e riconoscere che l'uccisione di una persona disabile di 86 anni che non vede alcun valore nella sua vita è altrettanto malvagia che l’uccisione di un giovane di 24 anni con tutta la vita davanti a sé. Minare l'uguaglianza morale avrà gravi implicazioni. In quarto luogo, per vedere il futuro, guardate all'Olanda, dove almeno otto persone affette soltanto di autismo sono state sottoposte ad eutanasia, dove un'iniziativa sostenuta dai maggiori partiti politici mira ad offrire l'eutanasia a tutti coloro che hanno più di 74 anni, e dove i bambini e coloro che soffrono di demenza - che non possono prestare un reale consenso - vengono abitualmente sottoposti ad eutanasia. È questo il futuro che volete per l'Italia?».
Professor Yuill, euthanasia is seen, by some, as a "sweet death". According to you, why is this not the case at all? What can you tell us about what is happening outside Italy in this regard?
«Euthanasia is death by lethal injection. Unless we are to call executions in the United States by injection as "sweet deaths" it is ridiculous to call these deadly injections good deaths. They are killings. As with executions, human error and unexpected problems can occurr; the widely known 'coffee death' in the Netherlands, where a patient with dementia had to be held down and injected by members of her family when the drug in her coffee failed to render her unconscious, gives a good indication. Where assisted suicide is legal, as in Oregon, time from ingestion until death ranged from six minutes to eight hours, with a median time of 50 minutes. That is much slower than executions»
In your opinion, how can palliative care be expanded and improved so that it can be the first widely available choice, rather than seeking the “alternative” of euthanasia?
«The good news is that most deaths - whether in hospice or not - are actually peaceful. The fears of those who wish to secure for themselves euthanasia are not well founded. But what makes a good or bad death? A survey of hospice managers indicated a remarkable degree of consistency about this: A ‘good’ death was associated with being able to control the patient’s symptoms and help them prepare for and accept death. A ‘bad’ death was associated with the inability to deal with the patient’s negative emotions, resulting in lack of acceptance of death, and distress for family members». So the answer is to integrate hospice services within a country's health services, to ensure that medical staff are well-trained in pain prevention, and to understand that death (including for atheists like me) is not simply a medical but an existential event for the patient. (Elena Semino, Zsófia Demjén, and Veronika Koller, ‘“Good” and “bad” deaths: Narratives and professional identities in interviews with hospice managers, Discourse Studies, Volume: 16 issue: 5 (Oct, 2014), 667-685.)
On the basis of your experience, what advice would you give to Italian politicians so that they do not drift towards pro-euthanasia policies?
«First, do not be deceived that this is only about 'outdated' religious mores. The principle of 'Thou shalt not kill' is important to those outside the Christian tradition. Look to what is being said rather than lazily pointing at those who say it. Second, recognise that there is no actual need for euthanasia - most deaths are peaceful and there is no 'crisis'. If anything, the prospect of a peaceful death improves with each technological advancement. Third, please recognize that this is a serious step that has profound moral and social implications. In Canada, there is a divide between those whose continued existences are deemed, by themselves and by the state, as inconvenient and who are offered death, and those whose wish to die is met with suicide prevention. Part of the duty of the state is to protect ALL of its citizens and to recognize that the killing of an 86-yr old disabled person who sees no value in her life is just as wicked as killing a 24yr old with his whole life in front of him. Undermining moral equality will have serious implications. Fourth, to see the future, look to the Netherlands, where at least eight people suffering from no more than autism have been euthanized, where an initiative supported by major political parties hope to offer euthanasia to all over the age of 74, and where children and those suffering from dementia - who cannot consent - are routinely euthanized. Is this the future you want for Italy?».