È davvero una «fossa morale senza fondo» quella in cui si cade quando la dignità intrinseca di ogni persona viene assoggettata a criteri eugenetici e totalmente distrutta da leggi contro la vita umana, come spiega un articolo di Life Site News nell’annunciarci la legalizzazione dell’eutanasia nell’Australia Occidentale.
Quest’ultimo è ora il diciannovesimo Paese ad aver aperto le porte a questa tragica strage di malati, disabili e depressi. «Il Voluntary Assisted Dying Act dell'Australia Occidentale permetterà alle persone colpite da "sofferenza intollerabile" e che hanno una malattia terminale che può causare la morte entro sei mesi (o 12 mesi per le malattie neurodegenerative), di porre fine alla loro vita» con “farmaci” (che in realtà sono veri e propri veleni) letali.
Ma è possibile definire in modo oggettivo e standard quando una sofferenza diventi “insopportabile”? E non sarà, forse, che chi prova tale insostenibile grado di sofferenza vado aiutato, con le cure palliative e l’assistenza necessaria, a soffrire di meno?
Invece, l’eutanasia sarà semplice e accessibile, basterà formulare due richieste verbali ed una scritta per rendere possibile la somministrazione di sostanze letali.
Le aperture al fine vita, come abbiamo sempre affermato noi di Pro Vita e Famiglia Onlus, costituiscono un pericoloso precipizio che renderà progressivamente sempre più inarrestabile la corsa verso un baratro da cui non si può più tornare indietro.
Così, man mano, le condizioni di legalità dell’eutanasia vengono estese a tal punto da poter essere permessa per tutti coloro che ne fanno richiesta e non solo. Fin ora, non sono pochi, purtroppo, i casi in cui è stata praticata l’eutanasia senza il consenso del paziente: si tratta di omicidi forzati, non di compassione.
L’Australia Occidentale sembra iniziare a muoversi in tale drammatica direzione. Speriamo che l’Italia reagisca e non si faccia abbindolare da chi mostra la legalizzazione di tale pratica come garanzia della libertà di scelta.
«Eliminiamo la sofferenza, non il sofferente».
di Luca Scalise