Autodeterminazione e libertà di scelta. Sono queste le parole a cui più fanno ricorso i sostenitori dell’eutanasia e del suicidio assistito. Peccato che il presunto “diritto” ad autodeterminarsi liberamente sia proprio il primo a cadere in questo contesto.
Quando nel 2104 fu legalizzato il suicidio assistito in Quebec, spiega un articolo di Tempi, il governo promise finanziamenti per le cure palliative, in modo da fornire ai cittadini la libertà di scegliere di curarsi o di porre fine alla propria vita. Pare che tale promessa non sia stata mantenuta.
Teresa Dellar, direttrice del West Island Palliative Care Residence, ha dichiarato infatti che «solo il 30 per cento della popolazione può avere di fatto accesso alle cure palliative», mentre «il 100 per cento della popolazione può ricorrere gratuitamente al suicidio assistito», pratica che in Québec è attiva ormai dal 2016. Pertanto, «negli ultimi due anni l’accesso alle cure palliative ha continuato a diminuire, mentre aumentano le richieste per l’eutanasia».
Inevitabili, dunque, le conseguenze. Il dottor Laurence Normand-Rivest spiega: «Ci avevano promesso che sarebbe stato sviluppato un piano, invece dopo due anni non è ancora successo niente. Secondo molti medici, la mancanza di fondi costringe i pazienti a richiedere il suicidio assistito».
La testimonianza di Roger Foley, 42 anni, affetto da atassia cerebrale, conferma la tesi sopra esposta. Davanti a lui, infatti, erano state poste due sole possibilità: delle cure che gli sarebbero costate 1.800 euro al giorno, oppure l’eutanasia. «Ma io voglio vivere dignitosamente, non morire», afferma Roger.
Ma il problema non si limita al Quebec. In Oregon, nel 2009, i medici si sarebbero rifiutati di curare Randy Stroup, affetto da cancro alla prostata, a causa dei costi della chemioterapia. Al contrario, si offrirono di pagargli l’eutanasia. «Com’è possibile che non paghino le cure per aiutarmi a vivere, ma si offrano di pagare per farmi morire?», ha dichiarato Stroup.
Invece, in California, l’assicurazione era disposta a pagare le cure di Stephanie Packer, madre di quattro figli. «Dopo l’approvazione del suicidio assistito, però, mi hanno detto che siccome non mi rimaneva molto da vivere, non avrebbero coperto il costo delle cure per la mia sclerodermia», spiega Stephanie. «Hanno però aggiunto che se avessi scelto il suicidio assistito avrei dovuto pagare solo un dollaro e venti centesimi».
Già, la sola possibilità legale di suicidarsi induce di per sé a svalutare la dignità della propria vita. Il costo che comporta poi il vivere dignitosamente spinge ulteriormente a ricercare la morte.
Questi sono fatti, testimonianze, non ideologie. E i fatti parlano chiaro: mentre si spalancano le porte a eutanasia e suicidio assistito, la vita è ostacolata e, con essa, anche la libertà di scelta.
Redazione