La spinta ad eutanasia e suicidio assistito è sempre più palese in Ontario, al punto che le campagne di sensibilizzazione sul presunto “diritto” a morire si stanno trasformando in chiarissimi inviti a farsi fuori.
In un articolo di Tempi, leggiamo uno di questi sconvolgenti messaggi delle campagne canadesi pro eutanasia: «Gli abitanti dell’Ontario che optano per l’assistenza medica al suicidio (MAiD) stanno salvando o migliorando sempre di più la vita degli altri, includendo anche la donazione di organi e tessuti nelle loro ultime volontà».
Tempi ha opportunamente commentato: «la nuova frontiera del suicidio assistito in Canada è la fornitura di pezzi di ricambio per la società».
Un simile e scandaloso invito rivela chiaramente come, secondo la mentalità eutanasica, la vita del malato grave, del disabile o del depresso rappresenterebbe solo un peso sociale, costoso e improduttivo. Diversamente, chi fa il tifo per le leggi sul fine vita si attiverebbe, piuttosto, per alleviare la sofferenza di chi è nel dolore, invece di condurli a morte.
Ed ecco che si inizia a pensare alla morte “per rimozione di organi”, come si legge sul New England Journal of Medicine: «Dopo tutto, i migliori organi provengono da persone ancora vive, come quelle che donano i reni. La morte per rimozione di organi sarebbe un metodo più efficiente di prelievo di organi per pazienti da suicidio assistito».
Apriamo gli occhi: secondo le campagne pro eutanasia, la vita dei sofferenti vale solo finché se ne può trarre profitto, dopo di ché viene proposta l’eutanasia come forma di “compassione”. E non è tutto. Anche dalla morte dei sofferenti si cerca di trarre profitto, incoraggiando questi ultimi al suicidio per ottenere organi utili al trapianto.
Riflettiamo: se l’atto suicidario è presentato come altruismo, quei malati, disabili e depressi che, invece, vogliono vivere sarebbero forse egoisti?
Chi, già reso vulnerabile da una condizione di sofferenza, viene invitato al suicidio “per fare del bene agli altri”, è davvero libero di optare per questa scelta? Un così chiaro invito a togliersi di mezzo, siamo proprio sicuri di volerlo chiamare “morte con dignità”?
di Luca Scalise