Se la morte è un diritto, negare questo diritto a qualcuno rappresenterebbe una discriminazione.
Sulla scia dell’assurdo criterio sopra enunciato, l’Olanda dei “diritti all’avanguardia” volge il suo sguardo all’infanzia. Uno sguardo, però, non costruttivo, ma letale.
Attualmente, in Olanda, il presunto “diritto” all’eutanasia non è stato ancora esteso ai minori di 12 anni, perché «non sarebbero ritenuti legalmente in grado di autodeterminarsi e optare consapevolmente per la morte».
Certo, basta un po’ di buon senso per capire che nessuno, di fronte alla possibilità della morte, possa optare in modo consapevole fino in fondo a favore di essa, in quanto vita e morte sono realtà che ci trascendono.
E quella di annullare radicalmente la propria persona (almeno in termini materiali), se proprio fosse una scelta (e c’è da metterlo in dubbio, visto quanto la pratica dell’eutanasia si presti facilmente ad abusi), sarebbe fortemente condizionata dal comprensibile stato di vulnerabilità generato da una grave sofferenza.
Figuriamoci quanto consapevolmente possa farne richiesta un bambino.
Ma, spiega un articolo di Tempi, «a fine settembre tre ospedali universitari olandesi hanno presentato alla camera bassa del parlamento un rapporto che afferma che l’84 per cento dei pediatri olandesi ritiene necessario introdurre la morte assistita» anche per i minori di 12 anni.
Guarda caso, questo “atto di compassione”, che sarebbe l’eutanasia, verso i bambini malati pare frutti 3000 euro che le compagnie assicurative darebbero alla clinica Levenseindekliniek (“Fine vita”) per ogni iniezione letale praticata.
Ma che compassione è quella che, invece di alleviare le sofferenze, provoca la morte? Che umanità è quella che come unica soluzione al dolore umano propone di spezzare la vita di una persona? Ai malati ed alle loro famiglie va, piuttosto, offerta tutta l’assistenza fisica, psicologica e umana di cui hanno bisogno, onde evitare di aggiungere al dolore un altro dolore.
di Luca Scalise