Dal 13 gennaio sono stati rimossi i supporti vitali di RS, il cittadino polacco, residente in Inghilterra, in stato vegetativo, di cui avevamo già parlato. Mentre continua la battaglia della famiglia affinché il pover’uomo non sia lasciato morire di fame e di sete, in questi giorni anche i vescovi britannici stanno lanciando appelli affinché la sua vita venga rispettata. Su La Nuova Bussola Quotidiana leggiamo le loro parole e una testimonianza della sorella.
Questa racconta dell’ultima volta che ha potuto visitare il fratello, prima che le restrizioni per via del Covid glielo impedissero: «Lo abbiamo visitato il giorno di Natale. Mi ha spezzato il cuore. I supporti vitali, acqua e nutrizione, erano stati sospesi solo il giorno prima. Quando ha visto me e i miei figli entrare nella stanza, ha cominciato a piangere. Siamo riusciti a calmarlo parlandogli e rassicurandolo che avremmo fatto tutto il possibile per aiutarlo. A poco a poco smise di piangere e ci guardò». E precisa: «Il mondo deve sapere che mio fratello vuole vivere», ricollegando le sue volontà anche alla sua fede cattolica e alla sua stima per San Giovanni Paolo II, pontefice che più volte ha ribadito il “No” della Chiesa all’eutanasia e con il quale RS avrebbe avuto un’udienza privata, la cui foto «ha tenuto sempre in mostra».
Anche i vescovi cattolici inglesi Sherrington e O'Toole si sono espressi in sostegno di RS, critici sull’interpretazione di “migliore interesse” espressa dalla Corte, affermando: «Notiamo che il signor RS non aveva rifiutato cibo e liquidi né aveva espresso alcuna opinione sul non volere cibo e liquidi in queste circostanze e che non c'erano prove che considerasse la nutrizione assistita e l'idratazione come un trattamento medico».
Infatti, ricordano, «fornire cibo e acqua a pazienti molto malati, anche con mezzi assistiti, è un livello di assistenza di base», non una “terapia”.