Si torna a parlare di eutanasia. E lo si fa con una donna che ha passato quasi tutta la sua vita sotto i riflettori: Marina Ripa di Meana.
Senza entrare nel merito della vita della signora, proviamo ad analizzare la sua morte. Morte che, come si poteva forse immaginare, non è passata sotto traccia e ha portato i grandi media a interrogarsi su temi chiave come, appunto, quello dell’eutanasia, della sedazione “profonda”, delle DAT, della nutrizione e dell’idratazione... e via discorrendo.
Tanti temi e aspetti delicatissimi e veramente complessi, per i quali occorre una precisione scientifica di primo livello, anche nell’uso stesso dei termini della questione. Attenzione e precisione che, come purtroppo di consueto, i media non hanno fatto proprie: se quel che conta è portare avanti uno spot pro-eutanasia, infatti, a chi importa se si sta dicendo la verità tutta intera, in parte, o per nulla?
Cerchiamo quindi di fare chiarezza, prendendo parte degli ottimi articoli pubblicati dalla giornalista Benedetta Frigerio (Marina, morte-spot per l’eutanasia. E i Radicali mietono) e del medico Renzo Puccetti (Sedazione ed eutanasia, facciamo chiarezza) su La Nuova Bussola Quotidiana. Speriamo così di fare chiarezza sulla morte di Marina Ripa di Meana e sull’evidente sua ultima volontà di appoggiare la strada della diffusione dell’eutanasia – seppure mascherata, per ora – anche in Italia. Nel fare questo, come sottolinea Puccetti, manteniamo un margine di dubbio rispetto alla sedazione cui Marina Ripa di Meana è stata sottoposta, non essendo un dato ad oggi noto.
Marina, morte-spot per l’eutanasia
Scrive la Frigerio: «Usata dai Radicali come trofeo della vittoria sul “testamento biologico”, Marina Ripa di Meana ha deciso di morire a 76 anni sotto i riflettori, così come aveva deciso di vivere [...]. Così come è vissuta, scegliendo di credere nel self-made-man padrone del suo destino e nel dio della natura, affetta da anni da un tumore non ha chiesto di essere accompagnata e amata nella sofferenza, ma ha, dapprima combattuto “come una guerriera contro la malattia”, ha dichiarato la figlia Lucrezia Lante della Rovere, e poi ha chiamato Maria Antonietta Coscioni, dell’associazione radicale Luca Coscioni, chiedendole di aiutarla ad uccidersi per annunciare poi la modalità con cui si sarebbe procurata la morte in un video messaggio trasmesso dal Tg5. La Coscioni, accanto a Ripa di Meana intubata, ha letto il testamento della malata: “Babbo Natale, le mie condizioni di salute sono precipitate. Il respiro, la parola, il mangiare, alzarmi: tutto, ormai, mi è difficile, mi procura dolore insopportabile: il tumore ormai si è impossessato del mio corpo. Ma non della mia mente, della mia coscienza”. [...] In poche parole, i Radicali che hanno offerto il loro “aiuto” alla donna, invece che dirle che avrebbero desiderato la sua presenza in terra fino all’ultimo, essendo pronti a lottare insieme a lei per la vita e a sostenerla nella sofferenza e nel cammino al destino eterno, si sono, come fanno da sempre, leccati i baffi. Soprattutto davanti ad un caso che non avrebbe avuto bisogno nemmeno di essere montato per divenire noto, dato che riguarda una delle donne più note d’Italia. Sarà per questo che non hanno avuto remore nel farle dire una menzogna, ossia che invece che andare in Svizzera, si può “percorrere la via italiana delle cure palliative con la sedazione profonda”. Che è come dire agli italiani: grazie alla nuova legge passata in Parlamento il mese scorso, per farsi uccidere non serve più andare all’estero dove l’eutanasia è legale, basta la “sedazione profonda”, come se questa fosse stata introdotta dalla legge sulle Disposizioni anticipate di trattamento (Dat o “testamento biologico”). In realtà la sedazione profonda è parte delle cure palliative e non c’era bisogno della legge sulle Dat, ma ovviamente può essere usata anche come forma di eutanasia se l’intenzione è quella di affrettare la morte. Su questa ambiguità giocano i Radicali, per giustificare l’atto eutanasico usando quelle che dovrebbero essere solo cure palliative».
Sedazione ed eutanasia, facciamo chiarezza
Il Dott. Puccetti sottolinea, facendo chiarezza: «La sedazione profonda è un termine non scientifico; in ambito medico si parla di sedazione palliativa. Si tratta di una procedura attuata in presenza di sintomi incoercibili, cioè non dominabili attraverso altri strumenti. Ne sono esempi il dolore, o la dispnea. Viene eseguita in genere attraverso la somministrazione di benzodiazepine, abitualmente midazolam, che, contrariamente a ciò che è ricercato con l’eutanasia, non inducono la morte, ma la sedazione. Con la sedazione palliativa si dominano i sintomi, arrendendosi al fatto che la morte sopraggiunga a causa della malattia. Dunque non è un mezzo uccisivo, né viene instaurato con intenzione uccisiva. Con la sedazione palliativa i sostegni vitali, come l’idratazione e la nutrizione del paziente, vengono mantenuti nella misura in cui essi continuano ad essere proporzionati (quasi sempre lo sono, anche se non assolutamente sempre).
La sedazione palliativa è una procedura irreversibile, nel senso che non si risveglia il paziente (se lo si facesse il paziente patirebbe nuovamente i sintomi incoercibili per cui la sedazione è stata attuata, cosa illogica, crudele e contraria alla missione medica). Se il paziente prima di sedarlo è cosciente, dovrebbe essere interpellato circa eventuali obblighi religiosi o umani che in coscienza desidera adempiere.
La sedazione eutanasica è una cosa totalmente differente. Essa consiste in una sedazione che precede la morte indotta del paziente o direttamente dai farmaci sedativi, o attraverso l’interruzione di sostegni vitali. Se si utilizza farmaci oppiacei a dosi tanto elevate da sopprimere l’attività dei centri del respiro, quello che si induce non è altro che un’overdose da oppiacei e dunque il paziente muore così come purtroppo talora muoiono gli eroinomani. Se ciò è commesso intenzionalmente siamo in presenza di un’eutanasia. In questo caso la sedazione è solo un passaggio intermedio prima della morte per asfissia. Dal punto di vista legale un tale comportamento configura il reato di omicidio, o di omicidio del consenziente.
Se si effettua una sedazione palliativa (in assenza di sintomi refrattari), perché subito dopo s’interrompe la nutrizione e l’idratazione come fu fatto per la povera Eluana, o la ventilazione, come è avvenuto per Piergiorgio Welby, siamo in presenza di un atto parimenti eutanasico, dove l’eutanasia non è data dalla sedazione di per sé, ma dall’interruzione dei sostegni vitali, l’idratazione e la ventilazione, e dove la sedazione palliativa ha lo scopo di dominare i sintomi che insorgono dall’azione eutanasica: i sintomi da disidratazione, o la percezione del soffocamento. Dunque in questi casi la sedazione è palliativa di un atto eutanasico, s’inserisce in una procedura eutanasica e dunque per questo è una sedazione eutanasica. Ma questa seconda modalità è invece resa possibile dalla legge sul fine vita che il presidente dei senatori PD ha definito “una legge di civiltà”, attraverso la clausola del consenso informato».
Redazione
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