Mentre i nostri politici vogliono introdurre l’eutanasia in Italia, dalla Germania arriva una notizia che dovrebbe far riflettere i sostenitori a oltranza della “cultura della morte”.
Si tratta di un caso di risveglio dal coma. Uno tra i tanti, ovvio. In effetti, come del resto abbiamo scritto più volte, può capitare che chi è stato dato per morto poi invece ha dato segni palpabili di vita ed è uscito dallo stato in cui si trovava.
Purtroppo però di questi casi i grandi media non parlano, perché sono un ostacolo a chi vuole l’eutanasia libera e facile per tutti.
Ebbene, questa che arriva dalla Germania è la storia di Danijela Kovacevic, che a seguito del parto di sua figlia, nel 2009, a causa di alcune complicazioni entrò in coma.
Ora, dopo sette anni e contro tutti i pronostici dei medici, la donna si è risvegliata. Chiaramente, dopo così tanto tempo di immobilità, Danijela avrà bisogno di una lunga e faticosa riabilitazione.
Negli ultimi mesi i progressi sono stati notevoli e la ragazza, di 25 anni, è in grado di comunicare e di tenere in mano una penna, così come di sedersi e di fare qualche piccolo passo.
Le cure però sono molto costose e la famiglia ha già speso 50.000 euro. Del resto, sappiamo bene che per lo Stato e la mentalità dominante, costa molto meno l’eutanasia, perché permette di ammazzare il malato senza troppe incombenze. Le risorse per assistere i malati cronici e le loro famiglie, invece, non si trovano mai...
Ad ogni modo, quello che conta è che Danijela, data per spacciata, è viva e ha iniziato un lungo cammino di ritorno ad una certa normalità.
A questo punto però ci chiediamo: cosa sarebbe accaduto se la donna avesse subito l’eutanasia in quanto “indegna di vivere”? Cosa sarebbe successo se avesse redatto un testamento biologico (da noi le chiamano DAT, per mascherare l’omicidio) in cui, da sana, chiedeva di non voler restare in coma? Oggi staremmo sicuramente a raccontare un’altra storia...
Redazione
Fonte: La Razón
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