Lifenews ci informa che nel solo 2013, 650 bambini sono stati uccisi in Olanda ( eutanasia infantile) perché o i loro genitori o i medici hanno giudicato insopportabili le loro sofferenze.
Dati come questi, in Olanda e in Belgio, sono in continua crescita.
Per fortuna qualcuno come il dottor Theo Boer, che era uno strenuo sostenitore dell’eutanasia e del suicidio assistito, ha ammesso di aver sbagliato e che non è possibile che le leggi di un paese civile e progredito aprano neanche il minimo spiraglio alla disponibilità della vita umana: “Una volta che il genio è uscito dalla bottiglia, non è possibile rimettercelo dentro.”
Nel frattempo, i giornali danno notizie sempre più frequenti di casi come quello di Andre Verhoeven, un uomo di 65 anni, con leucemia acuta, rimasto paralizzato dal collo in giù, che è morto felice, circondato da familiari felici: propaganda volta a far pensare che – poveraccio – faceva una vita d’inferno e anche i suoi cari soffrivano nel vederlo soffrire... Insomma, storie struggenti tese ad “ammorbidire” le “difese immunitarie” di chi ritiene la vita sacra e inviolabile. Dai e dai gutta cavat lapidem!
Ma ciò che i giornali non dicono, e la gente non sa, è che dietro a questi strazianti casi di malati terminali c’è un movimento forte e deciso di promozione dell’eutanasia anche per pazienti non terminali.
Ad esempio una donna di 47 anni con l’acufene, un ronzio persistente nelle orecchie, che si è suicidata in Olanda con l’assistenza legale di una clinica specializzata. Gaby Olthuis, era una clarinettista brillante, con due figli di 13 e 15 anni, in perfetta buona salute, a parte la persistente presenza nelle sue orecchie di un rumore stridente che la torturava. “Naturalmente ai ragazzi manca la madre, ma hanno capito la sua decisione” dice la madre della morta.
Sempre in Olanda, sempre nel 2013, 42 pazienti psichiatrici sono morti per eutanasia: il triplo di quelli ammazzati nel 2012. Alcuni l’hanno scelto in prima persona, per altri hanno deciso i parenti. In Belgio ci sono stati dei casi in cui l’eutanasia è avvenuta senza consenso né nel paziente, né dei parenti.
Bisogna smettere di fingere che il suicidio assistito è per i malati terminali: il fine ultimo e vero è quello di togliere di mezzo i disabili che producono poco – niente, anzi costano e danno fastidio, e tutti quelli che “soffrono troppo”, magari per una depressione momentanea.
E’ inevitabile: se la legge apre la porta all’eutanasia e al suicidio assistito, in casi limite, pian piano le fattispecie si amplieranno e la deriva sarà inarrestabile. I paesi che hanno cominciato la strada verso il baratro sono lì a darne prova: evitiamo di seguirne le orme.
Francesca Romana Poleggi