21/05/2018

Fatal Flaws: l’orrore dell’eutanasia in un film

Realizzato dall’emittente canadese Kevin Dunn, in collaborazione con l’Euthanasia Prevention Coalition, “Fatal Flaws” (Errori mortali) è un film in cui sono presi in esame casi di eutanasia in Belgio, Paesi Bassi, Canada e Stati Uniti, per chiedersi se le leggi sul suicidio assistito possano in qualche modo condurre la società su una strada pericolosa.

Riflettiamo anche noi, attraverso gli esempi riportati da un articolo di LifeNews, riguardo questo film.

Uno di essi riguarda la storia di Elena e della sua anziana madre, che, nei Paesi Bassi, era stata convinta ad accettare l’eutanasia pur non essendo affatto in pericolo di vita. Fortunatamente un secondo parere medico chiesto da Elena l’ha portata a non arrendersi ed a non far uccidere sua madre, che, invece, è morta l’anno successivo per cause naturali e felicemente, tra parenti e amici.

Vi è poi il caso di Margreet, la cui madre è morta per un’eutanasia praticatale senza consenso. Aveva una polmonite virulenta ad azione rapida, come la madre dell’autore di questo articolo. La sola differenza è che quest’ultima la ebbe quando ancora in Canada non era stata legalizzata l’eutanasia. Lei è vissuta serenamente, seppur malata, altri cinque anni. Se fosse stata legale l’eutanasia, sarebbe stata uccisa subito.

C’è poi Candice Lewis, canadese di 26 anni, con paralisi cerebrale. Ha ricevuto pressioni per accettare l’eutanasia, ma sua madre l’ha portata presso una comunità che l’ha aiutata a condurre serenamente la sua vita. E infine Aurelia, olandese, uccisa solo perchè aveva disturbi psichiatrici.

Queste, dunque, le pieghe che sta prendendo l’eutanasia. Uccide le persone, nega la libera scelta di vivere, induce al suicidio, discrimina i deboli, annienta le vite dei sofferenti. Ed è sempre più volte praticata senza consenso e i suoi sostenitori premono ovunque per allargarne la possibilità ai bambini e nei Paesi Bassi si considera la possibilità di legalizzarla semplicemente “su richiesta”.

«Si fa fatica a ricordare che, durante l’occupazione nazista nella Seconda Guerra Mondiale, 6.200 medici hanno scioperato contro la “deportazione dei pazzi e dei malati” [nei campi di sterminio]», quando ora lo stesso avviene regolarmente sotto il nome di “progresso”.

Per non parlare del fatto che in Paesi come l’Ontario ai medici è vietata l’obiezione di coscienza: quindi, la libertà.

Dimenticavo, in tutto ciò i sostenitori dell’eutanasia (e dell’aborto) si fanno chiamare “pro choice”.

Luca Scalise

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