Si è recentemente celebrata, negli Stati Uniti d’America, la Festa dell’Indipendenza, una giornata senza dubbio ricca di significato per tutto il popolo americano e che dà modo anche a noi di riscoprire il Dna fortemente pro life dell’America.
Ce lo ricorda un articolo di National Right to Life, che, a tal proposito, cita uno dei passi più salienti della Dichiarazione di Indipendenza Americana, ratificata il 4 luglio 1776 a Filadelfia: «Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per se stesse evidenti; che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità».
Queste parole sono passate alla storia come le prime che parlino del diritto alla ricerca della felicità, sono anche note per il riconoscimento del diritto alla libertà, sulla base del quale si fonda l’Indipendenza stessa, ma non sono conosciute per l’affermazione del diritto alla vita.
E, per certi versi, è cosa buona. Non dovrebbe far notizia il fatto che venga affermato il diritto alla vita come inalienabile e come diritto del quale sono dotati in egual modo tutti gli uomini. Oggi, però, conviene riflettere proprio su questo diritto, dal momento che esso si trova a essere negato in sempre più casi.
Ci sono dei piccoli bambini, infatti, che non potranno mai essere liberi, né ricercare la felicità – ricorda l’articolo – proprio perché è stato negato loro il primo di tutti i diritti: quello alla vita.
È, perciò, un controsenso chiamare “diritto” l’aborto, come lo è ritenere che l’aborto sia garante di libertà. In realtà, l’aborto, come l’eutanasia e tutto ciò che priva un uomo della sua vita, altro non è che un vero e proprio passo indietro della civiltà e della libertà stessa.
Luca Scalise
Fonte: National Right to Life