Nei giorni in cui l’alleanza giallorossa sta decollando, almeno a livello parlamentare, non si può fare a meno di confrontarsi con un quesito centrale per chiunque abbia a cuore il destino dell’Italia e non solo, vale a dire: e ora? Che ne sarà del tema politico dei figli e soprattutto della crescita demografica del nostro Paese? Un quesito di grande rilevanza con il quale ha senso confrontarsi nella realistica consapevolezza che la risposta potrebbe riservare, purtroppo, più di qualche amarezza.
Non possiamo infatti nasconderci come, Bibbiano a parte, il Pd – già distintosi per il “divorzio breve”, il biotestamento eutanasico e le unioni civili oggi, in vista dell’utero in affitto domani – sia una forza politica che storicamente ha dimostrato poca e cattiva attenzione sia ai valori non negoziabili il senso generale, sia al tema della crescita demografica in particolare. Un argomento, quest’ultimo, che in casa dem solitamente si affronta focalizzando l’attenzione esclusivamente su un argomento: l’occupazione femminile.
Questo perché laddove le donne lavorano, si sente sovente ripetere, lì nascono più bambini; il che è una mezza verità dal momento che se da un lato è certamente vero che un qualche legame esiste tra occupazione femminile e natalità, dall’altro è parimenti inconfutabile come non esista Paese europeo che, in virtù di un gran numero di donne occupate, sia riuscito neppure a sfiorare (a parte la Francia, che però è considerabile caso a sé) la fondamentale soglia del tasso di sostituzione, pari a 2,1 figli per donna, senza il quale il futuro stesso di un sistema sociale è messo a repentaglio.
Ma se questa è l’impostazione culturale del Pd, non è che quella del M5S in tema di valori etici sia poi molto più rassicurante. Basti pensare a quanto per esempio proponeva Carlo Sibilia, pentastellato che, tre mesi prima di fare il suo ingresso in Parlamento, ancora nella scorsa legislatura, non solo appoggiava le nozze gay, ma auspicava pure la legalizzazione di unioni «di gruppo» e «tra specie diverse». Ora, è vero anche che nel movimento fondato da Beppe Grillo e Casaleggio esistono sensibilità differenti da quelle più estremiste ma – posto che in fase di formazione della nuova maggioranza giallorossa di temi etici non si è parlato – è difficile che ci siano grandi attenzioni ai temi della famiglia e della natalità. E questo per due ragioni.
La prima riguarda il substrato culturale del nuovo alleato dei pentastellati, ossia un Pd che, come si è poc’anzi sommariamente ricordato, somiglia tanto a quel «partito radicale di massa» profetizzato dal filosofo cattolico Augusto del Noce (1910-1989) come la nuova fisionomia che avrebbe inevitabilmente acquisito la sinistra italiana.
Una seconda motivazione che induce ad essere pessimisti rispetto ad un’attenzione a certi temi fondamentali da parte del M5S si basa su quanto si diceva poco sopra, e cioè un’anima radicaleggiante di fatto annidata, non da oggi, anche nelle fila dei pentastellati. Ergo, c’è ben poco di positivo da aspettarsi dal governo giallorosso.
Tuttavia, attenzione, questo non deve scoraggiare ma, al contrario, motivare il movimento pro family italiano affinché possa far sentire in modo più forte ed incisivo la propria voce. In che modo? Con manifestazioni, campagne pubblicitarie, conferenze, iniziative. Fortunatamente la creatività ai difensori della famiglia non manca. Ma è il caso di darsi da fare, perché se si aspetta che sia il Parlamento a darsi una mossa, questa volta, si sta freschi veramente.
di Giuliano Guzzo