20/02/2014

Fine vita, a Trieste via libera della giunta Cosolini Operativo entro due mesi

Le dichiarazioni anticipate di trattamento si potranno affidare al Comune Delibera al vaglio delle circoscrizioni prima dell’approdo in Consiglio

Dopo quasi due anni di dibattiti infuocati passa il vaglio della giunta la delibera sulla dichiarazione anticipata di trattamento, la Dat. Ovvero la possibilità per il cittadino di affidare al Comune un documento in cui specifica i limiti del trattamento sanitario che desidera ricevere nel caso in cui non sia più in possesso della facoltà di intendere e di volere. Un tema caldo che nel caso di Eluana Englaro divise la nazione e che anche qui a Trieste ha trovato la sua eco: risale al 2012 la durissima presa di posizione del vescovo Giampaolo Crepaldi contro questa iniziativa.

La delibera passerà ora al vaglio delle circoscrizioni, che hanno venti giorni di tempo per produrre le loro osservazioni, dopodiché tornerà in giunta per il giudizio sulle eventuali proposte di modifica. Da lì approderà in prima commissione e infine al voto del Consiglio comunale. I primi a presentare una mozione sul tema furono i consiglieri del Sel, nel febbraio 2012, seguiti nel maggio da una proposta del Pd. «C’è voluto del tempo – dice la vicesindaco Fabiana Martini -, ma d’altra parte il tema è complesso: gli uffici comunali hanno approfondito le iniziative analoghe adottate in altri Comuni, visto che non si tratta di una norma nazionale».

Il succo della delibera è in questo passaggio: «Istituire un servizio – vi si legge -, riservato ai cittadini residenti nel Comune di Trieste che liberamente scelgano di avvalersene, per il deposito e la custodia delle dichiarazioni anticipate che garantisca anche l’autenticità, la provenienza e la data delle espressioni di volontà sui trattamenti sanitari a cui il dichiarante potrebbe essere sottoposto o meno qualora non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso informato».

I fondamenti per l’istituzione del servizio sono ravvisati dalla giunta nella Costituzione: si cita nella delibera l’articolo 32 della Carta, secondo cui «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge» e «la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana»; ma anche l’articolo 13 (in cui si afferma che «la libertà personale è inviolabile»). A ulteriore supporto vengono citati la Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, che sancisce che «il consenso libero e informato del paziente all’atto medico è un diritto fondamentale del cittadino in quanto persona», e anche la Convenzione sui Diritti umani e la Biomedicina di Oviedo secondo cui «i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente, che al momento dell’intervento non è in grado di esprimere la propria volontà, saranno tenuti in considerazione».

Al contempo la delibera tiene conto della posizione del Comitato nazionale di bioetica, per cui i documenti sono validi purché «non contengano disposizioni aventi finalità eutanasiche», non «contraddicano il diritto positivo, le regole di pratica medica, la deontologia»; e «comunque il medico non può essere costretto a fare nulla che vada contro la sua scienza e la sua coscienza». La delibera dovrebbe concludere il suo iter entro un paio di mesi.

di Giovanni Tomasin

Festini

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