Nel 2012 aveva fatto discutere il fatto che in Belgio le autorità avessero permesso di praticare l’eutanasia su Godelieva de Troyer, una donna di 64 anni che soffriva di depressione. L’iniezione letale era inoltre avvenuta senza avvertire i famigliari e per questo il figlio della donna, Tom Mortier, aveva avviato una battaglia legale affermando che i famigliari avrebbero dovuto essere coinvolti in una scelta così drammatica.
Patrocinata da ADF International, nel 2019 la causa è arrivata alla Corte Europea di Strasburgo, che ora ha deciso in favore di Tom Mortier, sentenziando che il Belgio ha violato la Convenzione Europea sui diritti umani per non aver propriamente esaminato le circostanze allarmanti che hanno portato all’eutanasia di De Troyer.
Secondo la Corte, c’è stata una violazione dell’articolo 2 della Convenzione, che sottolinea che il diritto di ciascuno alla vita deve essere protetto dalla legge. La sentenza riguarda in particolare il modo in cui il caso di De Troyer è stato gestito dalla Commissione Federale del Belgio per il Controllo e la Valutazione dell’Eutanasia.
La Corte non ha comunque detto che sia stata violata alcune legge belga per la pratica dell’eutanasia. In Belgio l’eutanasia è legale dal 2002 e da allora oltre 27 mila persone sono morte per eutanasia nel paese.
Tom Mortier ha sottolineato che la sentenza “chiude questo terribile capitolo della mia vita, e mentre nessuno può alleviare il dolore di aver perso mia madre, la mia speranza è che la decisione della Corte che c’è stato una violazione del diritto alla vita avvisa il mondo dell’immenso danno che l’eutanasia infligge non solo sulle persone in situazioni vulnerabili che pensano alla fine della loro vita, ma anche alle loro famiglie, e di conseguenza alla società”.
Fonte: Acistampa