In occasione della Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo riportiamo qui di seguito - già pubblicata in passato - la testimonianza di M. L., madre di un bambino autistico che ci ha raccontato le difficoltà che le famiglie con persone autistiche (si contano ben 600.000 persone in Italia) devono affrontare ogni giorno.
Una lotta senza fine, in una solitudine totale e tra mille difficoltà, senza personale specializzato, perché come sottolinea M., «la Terapia Cognitiva Comportamentale, ad esempio, non viene passata dalla ASL ma bisogna pagarsela da soli, con costi che si aggirano sui 500/600 euro al mese e va fatta per anni. Inoltre, siccome sono state intentante molte cause (poi vinte) la Regione Lazio, evidentemente impaurita, ha creato un sistema, per nulla agevole, per avere dei rimborsi parziali. C’è gente in Italia che vende casa pur di pagare le terapie ai figli o persone che nelle scuole, soprattutto private, si paga da sola il sostegno».
Ma questo è solo una parte del problema perché a tutto ciò vanno aggiunte le liste d’attesa per altre terapie, come psicomotricità e logopedia, per le quali si può aspettare anche quattro o cinque anni. Non tutti i medici, poi, conoscono a fondo questo problema e questo a volte complica ulteriormente la situazione. «Una mia pediatra, anni fa – ci racconta M. - insisteva nel dirmi che mio figlio non era autistico perché “parlava”».
La scuola, tuttavia, rappresenta spesso la difficoltà più grande. «E’ un disastro su tutti i punti di vista – spiega la donna - non c’è personale adeguatamente specializzato e qualificato e per esempio mio figlio in terza (oggi quarta ndr) elementare cambia sostegno anche due volte nello stesso anno e possiamo considerarlo “fortunato” rispetto ad altri, perché ha un autismo ad alto funzionamento e riesce quindi ad essere in linea con i compagni».
Rimane il fatto, come sottolinea M, che gli insegnanti di sostegno sono, in alcuni casi, persone senza una corretta qualifica e «finiscono per fare più che altro da baby sitter a questi ragazzi», che come M ci tiene a sottolineare, non hanno una “malattia” ma una “neuro-diversità”.
Eppure questa neuro-diversità costringe i genitori ad una serie di scelte difficili, tra cui quella di «doversi accontentare di lavori part-time per poter seguire le terapie dei propri figli, con un decremento notevole dal punto di vista economico. In più – prosegue M. - siamo in costante “lotta” con l’Inps e le varie previdenze per avere tutte le esenzioni del caso. Tanto per fare un esempio ogni tanto ci arriva la comunicazione di ritiro dell’esenzione per il bollo auto, ma in realtà ne abbiamo diritto quindi parte tutta la trafila, ogni volta, per spiegare che ne abbiamo diritto e non ci sono motivi per ritirarlo e così via».
Una situazione che fa piombare molti genitori nella paura. «Io non mi vergogno mai perché sono consapevole che non c’è nessun motivo per farlo, ma purtroppo vedo molti altri genitori che hanno paura della “diversità” dei bambini autistici. Li capisco, perché io e mio marito in primis siamo stati toccati dal rifiuto, come per esempio nei centri sportivi ed estivi, dove ci hanno detto che non prendono nostro figlio perché non ha nessuna possibilità di diventare un atleta. Poi, col tempo, abbiamo trovato centri con personale ad hoc, ma sono pochi anche in una città grande come Roma».
Eppure, come ricorda M. «la diversità non è mai inutile e ogni essere umano ha un valore inestimabile, non in base al suo intelletto o alla capacità cognitiva, ma semplicemente in quanto persona». La speranza di questa famiglia, conclude la donna, è quella «che lo Stato faccia di più dal punto di vista economico ma anche per stare accanto alle famiglie, magari costruendo una rete per mettere in contatto tutti e non lasciare nessuno da solo».