Quest’anno cade l’8 settembre, il secondo sabato del mese, giorno in cui si celebra il National Day of Remembrance for Aborted Children (Giornata nazionale del ricordo dei bambini vittime dell’aborto), da sei anni negli Stati Uniti.
La ricorrenza ha carattere strettamente religioso e questo post è destinato perciò essenzialmente a quelli, tra i nostri Lettori, si dichiarano credenti.
Le associazioni che hanno dato vita a questo memoriale sono Citizens for Pro-Life Society , Priests for Life e la Pro-Life Action: da sei anni invitano gli americani a far visita alle tombe dei nostri fratelli e sorelle la cui vita è stata stroncata prima di nascere, dall’aborto.
Negli USA si tengono oggi 51 solenni veglie di preghiera. E sarebbe bello che anche qui in Italia a Messa o in altra occasione si recitasse un Requiem per i bambini abortiti e un’Ave Maria per le loro mamme.
Ma perché visitare le tombe dei bambini non nati?
Per i credenti c’è fede nella resurrezione della carne per la vita eterna, per cui al corpo senza vita va dato rispetto, onore e decoro.
Per chi non crede, inoltre, serve a far crescere la consapevolezza sulla realtà dell’aborto. Persino chi già si definisce pro vita ne ha bisogno, per sviluppare un senso più alto di impegno e attivismo.
Si parla di aborto troppo spesso come di un’astrazione: è invece un evento concreto, fatto anche di sangue. È necessario saperlo e ricordarlo.
In America, come in Italia e in tanti altri Paesi del mondo, migliaia di bambini strappati dal seno materno vengono raccolti e sepolti nei luoghi che alcuni cimiteri dedicano a essi.
I sostenitori della vita dovrebbero visitare questi luoghi: è parte normale della loro testimonianza pro vita. È per questo che è stato istituito la Giornata nazionale del ricordo dei bambini vittime dell’aborto.
Celebrare questa giornata, visitare i “cimiteri degli angeli” serve a umanizzare i nostri fratelli e sorelle abortiti che sono viceversa dimenticati, annichiliti, ignorati, o al massimo considerati come “grumi di cellule”.
Redazione