Catherine Glenn Foster è una delle più conosciute attiviste pro life americane. In un articolo di Life News, ci racconta la sua esperienza di quando abortì.
«In realtà non sapevo cosa fosse l'aborto […] E non è venuto in mente fino a quando non ebbi 19 anni, ero al secondo anno al college, e mi sono trovata inaspettatamente incinta». Tante testimonianze sul tema dell’aborto hanno un inizio molto simile a questo.
A tal riguardo, infatti, nella maggior parte dei casi vige una cattiva informazione: non viene spiegato che a venire abortito è un essere umano e non vengono illustrati quasi mai in modo completo i rischi a breve e a lungo termine di questa pratica sulla salute fisica e psichica delle donne.
«Nessuno mi ha indirizzata verso un centro per la gravidanza. Nessuno mi ha aiutata lungo questo viaggio». Come si può dire, infatti, che l’aborto è una scelta di libertà, se non vengono offerte alle donne alternative, se nessuno si preoccupa di fornirle assistenza psicologica, sanitaria ed economica per poter tenere con sé il suo bambino?
Questo fanno i vari centri pro life, ma Glenn non ebbe la fortuna di venirne a conoscenza prima di abortire. «Il primo passo è che si paga, e poi tutto ad un tratto ti viene data una pillola e poi iniziano a fare l’ecografia. E io dissi: "Beh, posso vedere l'ecografia? Voglio vedere mio figlio. Sto ancora cercando di prendere una decisione qui. E loro dissero: "No, è contro la politica."».
Eh sì, la politica di molte cliniche abortiste è quella di non far vedere alla donna che chiede di abortire l’ecografia di suo figlio. Eppure, quante donne raccontano di aver cambiato idea dopo aver visto il loro bambino!
Nel cuore di Glenn l’aborto lasciò una ferita e la guarigione fu dura, ma arrivò. Ora è presidente di AUL, una delle più grandi associazioni pro life americane e mette a disposizione delle donne la sua testimonianza, affinché non ripetano il suo stesso errore e possano scegliere la vita.
di Luca Scalise