Affermazioni preoccupanti in merito alla pratica dell’eutanasia in Canada arrivano da Right To Life UK la cui portavoce, Catherine Robinson, ha fatto notare come a spaventare non siano solo i numeri delle persone che scelgono di porre fine alla propria vita ma anche le motivazioni da esse addotte.
Dal 2016 infatti, anno in cui l’eutanasia è stata legalizzata nel Paese, sono state 44.658 le persone che hanno deciso di porre fine alla propria vita mediante il suicidio assistito o l’eutanasia. Dando un rapido sguardo ai numeri riportati nell’ultimo rapporto in materia, redatto dall’Health Canada, si apprende che nel 2022 i decessi di questo tipo sono aumentati di oltre il 30% in un solo anno, arrivando a rappresentare più del 4% del totale delle morti del Paese, e come già riportato a sconvolgere (come se i numeri da soli non bastassero) sono le motivazioni per cui queste persone hanno scelto di rivolgersi all’assistenza medica dedicata ai morenti (MAID).
Si legge infatti nel Fourth annual report on Medical Assistance in Dying in Canada che in cima alla lista delle motivazioni vi è la «perdita della capacità di impegnarsi in attività significative» (86,3%) seguito dalla «perdita della capacità di svolgere attività della vita quotidiana» (81,9%) e al terzo posto dal «controllo inadeguato del dolore o paura di non riuscire a controllarlo» (59,2%). Si leggono poi tra le voci anche «perdita della dignità» (53,1%), «onere percepito sulla famiglia, sugli amici o sugli operatori sanitari» (35,3%), «solitudine» (17,1%) e «paura, ansia o disagio emotivo» (3,3%).
Sebbene difatti tra le cause mediche principali di richiesta di “assistenza” vi sia in primis il cancro (63,0%) seguito dalle malattie cardiovascolari (18,8%), altre condizioni (14,9%), malattie respiratorie (13,2%) e neurologiche (12,6%) si può notare che un’ampia percentuale di persone si è avvalsa dell’eutanasia o del suicido assistito per ragioni non prettamente mediche. Dal 2021infatti la procedura di accompagnamento a fine vita è stata legalizzata anche per quei pazienti la cui morte naturale non fosse “ragionevolmente prevedibile” e solo in quell’anno ha interessato il 2,2% del totale dei decessi. Numero salito al 3,5% l’anno successivo. La patologia clinica più diffusa tra le persone rientranti in questa particolare casistica è stata quella neurologica (50,0%) seguita da “altre condizioni” (37,1%) e comorbilità multiple (23,5%).
Preoccupante è anche constatare che man mano che la MAID diventa una pratica socialmente accettata aumenta di pari passo il numero di operatori, medici ed infermieri, disposti ad applicarla ed il numero di trattamenti fine vita portati a termine da ciascuno di essi: nel 2022 sono stati 7,2 per professionista, rispetto a 6,5 del 2021, 5,8 del 2020 e 5,1 del 2019.
Si consideri poi che il 2024 si avvicina lasciando intravedere scenari ancor più allarmanti ipotizzabili in seguito alla legalizzazione dell’eutanasia per le persone che soffrono anche solo di una malattia mentale.
Sulla base delle evidenze fin qui riportate ci uniamo alle parole di Catherine Robinson: «I dati spaventosi e le storie dell’orrore che provengono dal Canada dovrebbero servire da triste lezione per le altre giurisdizioni che stanno valutando la possibilità di rendere legale il suicidio assistito e/o l’eutanasia».