I figli costano: e pure tanto. Si tratta del messaggio che, in sintesi, emerge da un nuovo studio sul caro-bimbo condotto dall’Osservatorio Federconsumatori, secondo cui, dalla culla al compimento dei 18 anni, crescere un figlio in Italia per una famiglia con reddito medio costa parecchio. Quanto? Come una Ferrari. Proprio così. Secondo questa ricerca, infatti, già nel primo anno di vita – il più impegnativo – l’accoglienza di un nuovo figlio, tra pannolini, culla, passeggino e spese mediche, comporta spese che oscillano tra i 7.000 e i 15.000 euro.
Ma in realtà già durante la gravidanza si debbono affrontare degli impegni di spesa - tra indumenti premaman, controlli medici e specialistici e shopping per il nascituro – che possono costare alle famiglie circa 2.000 euro. Morale, quando un figlio è arrivato alla maturità, sempre secondo l’Osservatorio Federconsumatori, i genitori hanno sostenuto spese per oltre 170.000 euro: 170.940 è la cifra esatta. E comunque incompleta dato che, come noto, solo in una minoranza di casi i figli, raggiunti i 18 anni, diventa indipendente; mentre nella stragrande maggioranza delle situazioni il mantenimento familiare continua.
Nessun dubbio, allora, circa il fatto che un figlio possa costare economicamente molto a chi lo cresce. E ben venga quindi tutto quel rafforzamento di misure – in termini di bonus, quoziente familiare e defiscalizzazioni varie – che da tempo viene auspicato in favore delle famiglie salvo poi, quasi sempre, restare lettera morta. Dobbiamo e possiamo fare di più, a livello istituzionale, per sostenere i nuclei familiari, a partire da quelli che, economicamente parlando, non navigano in acque felici: su questo punto occorre essere non chiari, bensì chiarissimi.
Ciò detto, però, attenzione a non ridurre la genitorialità ad un fattore economico. Per un motivo semplice: non lo è. Essere padri e madri, infatti, non significa affatto perdere quattrini, ma investirli: è tutt’altra cosa. Uno o più figli, infatti, rappresentano la migliore garanzia per quegli stessi genitori che li hanno messi al mondo e cresciuti di aver qualcuno che si prenda cura di loro, una volta che, diventati anziani, un domani avranno bisogno di assistenza. Non solo, i figli sono anche un investimento per l’economia e, nello specifico, è proprio ciò che più manca al nostro Paese come, da anni, fior di specialisti tentano di spiegare.
Infatti, se da un lato oggi è l’uomo più ricco del mondo, Elon Musk – padre di sette figli -, a dirci che l’Italia «se continua così rischia di rimanere spopolata», dall’altro già dieci anni or sono un professore stimato come Tyler Cowen, docente di economia alla George Mason University, intervistato oltretutto dal maggiore quotidiano del Paese, dichiarava apertamente che, quando pensa alla crisi italiana, ciò che lo «rende più pessimista» non «è l’euro», ma «il tasso di natalità, che in Italia è dell’1,30% (ora 1,27 ndr)». Un dato che sarebbe da tenere in massima considerazione, aggiungeva sempre Cowen, perché «se l’Italia facesse più figli, le sue prospettive economiche sarebbero migliori. Invece un Paese con una popolazione in declino alla fine non potrà ripagare i suoi debiti». E stiamo parlando di un’intervista al Corriere della Sera risalente all’8 maggio del 2012, dunque praticamente dieci anni fa.
Tutto questo per dire che è giusto, indubbiamente, ricordarsi delle tantissime spese che per i figli sono chiamate ad affrontare le famiglie – ed è sacrosanto fare il possibile per aiutarle. Smettiamola, però, con il considerare i figli solo come un costo. Perché se un costo in senso lato non è neppure una Ferrari che, una volta acquistata, quando diventerà d’epoca avrà un valore ancora superiore, tanto meno lo è un figlio, che è anzitutto un frutto d’amore, oltre che un cittadino e un protagonista di un futuro che, senza di lui, rischia semplicemente di non esserci. O di essere molto più povero e meno dinamico.