Il cardinale Luis Francisco Ladaria, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha inviato una lettera all'evento “Eutanasia: vite da scartare? Il dovere della società di fronte alla sofferenza”, organizzato da Pro Vita & Famiglia Onlus ed Euthanasia Prevention Coalition con la collaborazione di Family Day, Centro Studi Livatino, Amci, Forum Ass. Sociosanitarie e Movimento per la Vita, presso la Sala Capranichetta dell’Hotel Nazionale, a piazza Montecitorio.
Di seguito il testo integrale del documento, letto durante il Convegno dal professore Massimo Gandolfini, presidente dell'Associazione Family Day e tra i relatori dell'evento.
Con questa lettera vorrei trasmettere i miei più calorosi saluti ai relatori e ai partecipanti al Convegno “Eutanasia: vita da scartare? Il dovere della società di fronte alla sofferenza”.
La Chiesa ha sempre difeso la dignità e il diritto alla vita di ogni essere umano dal momento del concepimento fino alla morte naturale. L'insegnamento della Chiesa al riguardo è chiaro e appare in un Magistero di ampio respiro, specialmente nella lettera Enciclica Evangelium Vitae (25 marzo 1995) di San Giovanni Paolo II, nella Dichiarazione Iura et Bona della Congregazione per la Dottrina della Fede (5 maggio 1980) e nella più recente Nuova Carta degli Operatori Sanitari (2016) dell'allora Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari.
Negli ultimi anni abbiamo assistito alla promozione, a livello legislativo internazionale, dell'eutanasia e del suicidio assistito, fatto che rappresenta un vero cambiamento di paradigma nella cura dei malati nelle fasi terminali della vita. Papa Francesco ha colto molto bene questo cambiamento attraverso l'espressione “cultura dello scarto” che, all'interno delle nostre società occidentali, fa riferimento all'esistenza di vite che non paiono degne di essere vissute ma - come dice giustamente il titolo del convegno- sono considerate “vite da scartare”.
La Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato il 14 luglio 2020 la Lettera Samaritanus bonus. Sulla cura delle persone nelle fasi critiche terminali della vita, con cui incoraggia la cura e l'attenzione ai malati da parte di tutti coloro che circondano il malato, e ricorda che una malattia“ inguaribile […] non è mai un sintomo di incurabile”.
Formulo i miei più sinceri auguri per il lavoro del vostro Convegno e auspico che le relazioni e i dibattiti possano offrire un autentico contributo a favore di una vera “cultura della vita”.