"Gloria", in Veneto pochi giorni fa è stata uccisa dallo "Stato sociale" che dovrebbe tutelare la salute e garantire le cure a tutti (v. art. 32 Cost.). Anche in Friuli Venezia Giulia, "Anna" farà a breve la stessa fine.
Il Tribunale di Trieste, la Asl del Friuli Venezia Giulia e la Commissione medica multidisciplinare ad hoc, vista la sentenza n. 242/2019 della Corte Costituzionale hanno dato l'ok. Se anche il Comitato Etico Unico Regionale - come è probabile - darà il suo assenso, l'Asl fornirà ad Anna i mezzi per farla finita. Ma il governatore del Friuli, il leghista Massimiliano Fedriga, è come il suo collega veneto, Zaia? Davvero la destra è come la sinistra?
La Consulta ha detto che lo Stato deve dispensare la morte quando si rileva un «proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli»: condizioni estrememente vaghe che ricorrrono per qualsiasi malato (anche non terminale, come un diabetico) che debba curarsi costantemente.
Anna, infatti, non è una malata terminale: ha bisogno di assistenza. Ma anche l’assistenza alla persona è diventata un “trattamento di sostegno vitale”, secondo il Tribunale. Con questo ragionamento si possono uccidere anche la maggior parte delle persone ricoverate in ospedale, i neonati...: sono tutte persone bisognose di assistenza, o no?
Qualcuno tra i Lettori potrà obiettare sul fatto che ho usato il verbo "uccidere" e il termine "eutanasia" anche se per Gloria e Anna tutti parlano di suicidio (assistito).
Poniamo il caso di avere un amico che manifesti propositi suicidi: se lo assecondiamo e gli forniamo i mezzi per togliersi la vita non siamo responsabili della sua morte? Non è sommamente ipocrita considerarsi incolpevoli perché il gesto estremo - alla fine - l'ha compiuto lui?
La legge positiva, la norma scritta dall'uomo, può affannarsi a fare distinguo (suicidio assistito, omicidio del consenziente, eutanasia...), a dare definizioni che spaccano un capello in quattro, a togliere responsabilità legali, ma è la sostanza quello che conta.
La sostanza, la dura realtà, è che quando una persona soffre tanto (nel corpo o nello spirito poco cambia) da voler morire, i consociati hanno un dovere inderogabile di solidarietà (v. art. 2 Cost.) che consiste nell'adoperarsi per lenire e condividere il suo dolore, incoraggiarla, invitarla a resistere e a restare in questo mondo, perché anche la sua vita è incommensurabilmente preziosa per la comunità.
Esprimerle solidarietà fornendole i mezzi per uccidersi è da vigliacchi.
A meno che la comunità - come nella Germania nazista - consideri non ogni vita degna di essere vissuta....
Non possiamo credere che Massimiliano Fedriga la pensi in questo modo.