Contrastare alla radice le ideologie green: è certamente questo l’obiettivo principe di Fabio Dragoni e del suo libro “Per non morire al verde” (edito da Il Timone) che racconta della follia della transizione ecologica che non nasce certo per aiutare piante e foreste ma per arrivare a controllare il mondo e le libertà dei popoli. Perché l’auto elettrica è prodromica a questo? Perché accettare anche solo una parte di queste teorie ci condanna? Perché bisogna opporsi fermamente? Lo abbiamo chiesto all’autore in questa intervista.
Fabio, come mai questo libro?
«Scrivere questo libro è stato semplicissimo: talmente sono state le scemenze scritte e diffuse in questi anni a proposito del pianeta da salvare che è una divinità pagana da adorare…la quale però deve essere salvata da chi l’adora. Cioè in questo concetto non è la divinità che salva il suo fedele…capite che è troppo per chi ha un minimo di buonsenso. E’ stato facilissimo mettere in luce tutte le follie di questa storia. Tanto che nel libro faccio un continuo ricorso a virgolettati e rassegne stampa degli anni precedenti…l’effetto comico viene già da sé…quando si vede scritto che nel 2020 non ci saranno più ghiacciai sulla terra… e non è che l’hanno scritto nel 1970 ma nel 2013…cosa vuoi dire? Quindi perché questo libro? Perché è semplice e divertente da scrivere e ancora di più da leggere».
La follia verde è il tema principale dunque.
«Esatto, il tema principale è la follia verde di un pianeta che ha 4,5 miliardi di anni meravigliosamente portati e che però sarebbe in pericolo per ciò che abbiamo fatto negli ultimi 150 anni. Se noi rapportassimo la vita del pianeta a 24 ore, gli ultimi 150 anni equivarrebbero a 3 millesimi di secondo che è un intervallo ridicolo, che può essere misurato oggi solo da sofisticatissimi cronometri in Formula Uno e anche questo fa già ridere da se. Dopo di che tutto parte dal fatto che la percentuale di anidride carbonica dentro l’atmosfera sarebbe passata dallo 0,03% allo 0,04%. Caspita…questa modifica sarebbe tale da comportare la distruzione del pianeta: direi che un minimo di buonsenso parla da solo».
Quali sono gli obiettivi di queste politiche?
«C’è una tendenza: quella di spogliare gli Stati nazionali della loro sovranità. E’ una tendenza in atto da anni e il progetto europeo è il progetto più lampante. Che si tratti di pandemia o ambiente la parola d’ordine è sempre una e una sola: una élite, una setta di illuminati, sa cosa è bene per noi e decide al posto degli Stati nazionali. E non è semplicemente una sostituzione di élite al governo perché, mentre chi governa in essi risponde ad un elettorato e ad una opinione pubblica, questa élite non risponde a nessun elettorato e nessuna opinione pubblica. C’è un tentativo di distruzione dei corpi intermedi: siano essi la famiglia, che è l’aggregato più naturale che preesiste allo Stato nazionale, o lo Stato nazionale che ha una sua legittimità democratica. Il loro desiderio è questo: quello di potere».
Quali saranno le conseguenze di queste politiche?
«Le conseguenze di ciò? Catastrofiche. Assistiamo alla distruzione di comparti produttivi di cui avevamo la leadership. Basti pensare al suicidio della distruzione dell’auto a combustione interna per avere le auto elettriche che sono costosissime e disfunzionali perché dovremo ricaricarle ogni 200 chilometri perché, come dice Donald Trump, il momento più magico dell’auto elettrica sono i primi 10 minuti in cui l’hai caricata ma poi inizia il panico di trovare la nuova torretta per ricaricarla. Ma il loro obiettivo dichiarato non è quello di sostituire le auto a benzina con quelle elettriche. Loro vogliono che noi non abbiamo l’auto: quello che è stato il motore vero e proprio dello sviluppo della società moderna, con tutti i suoi pregi e difetti, che è appunto la libertà della mobilità privata, viene meno. La mobilità torna ad essere un lusso. Il cittadino medio deve spostarsi non in autonomia ma con i mezzi pubblici. Questa idea che loro sanno cosa è giusto per noi mi fa morire».
Come difenderci?
«Impostando una vera e propria battaglia culturale. Bisogna finirla con il pragmatismo del tipo “d’accordo sulla necessità dalla transizione ma non siamo d’accordo sul come”. No: dobbiamo contestare alla radice il pensiero che sta alle spalle di questa transizione, che è un pensiero profondamente liberticida e insensato da un punto di vista scientifico. Fino a che non si comincia a contestare la validità di questi assunti, a costo di farsi dare del negazionista o del complottista, non si arriverà mai a nulla se non alla logica del “negoziamo una proroga in più o una deroga in più ma accettiamo la narrazione”. No: non dobbiamo più accettarlo. A costo di passare per negazionista: che poi sono loro che mi devono dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio che il mondo sta finendo. Ma come dice Castellane: “complottista è solo un modo un po’ invidioso di definire uno più sveglio di te”».