L’importanza degli articoli del ‘The Economist’ è nota da tempo, soprattutto nel mondo ‘liberal’. La sua recente posizione favorevole all'eutanasia è destinata a influenzare il dibattito.
Già nell’ormai lontano 2015 ‘The Economist’ aveva infatti deciso di sfidare il tabù sull'eutanasia, come ha aveva fatto su un altra serie di questioni sociali progressiste, come il matrimonio omosessuale. In questi ultimi giorni ha rinnovato il suo impegno verso questa “gloriosa” conquista sociale: la cura con la morte, invece delle cure per la vita.
"La gradita diffusione della morte assistita", articolo uscito in settimana , è l’ultimo inno del ‘The Economist’ a questa incivile riscoperta dell’eutanasia come metodo risolutore dei mali del paziente. Alle classiche obiezioni sui possibili abusi verso i malati, come il piano inclinato, la necessità di cure palliative, il pericolo di uccidere persone con demenza, si risponde con la classica massima liberale: “Il principio generale - che gli individui hanno il diritto di scegliere come terminare la loro vita - è, crediamo, un principio solido. L'evidenza dei paesi che permettono la morte assistita è che gli abusi rimangono in gran parte ipotetici, mentre i benefici sono reali e sostanziali. Allevia la sofferenza e restituisce una misura di dignità alle persone alla fine della loro vita”.
Forse al ‘The Economist’ mancano i dati e i frequenti scandali di abusi verso i pazienti che, anche e soprattutto nell’ultimo anno, sono emersi in Olanda, Belgio, Canada. Forse manca quel minimo di buon senso che dovrebbe far rabbrividire quando si afferma che l’eutanasia ‘allevia la sofferenza’ e ‘porta benefici’ al paziente, uccidendolo. Il ‘The Economist’, inoltre, ha riconosciuto che alcune pratiche, come l'eutanasia per i dementi, sono al momento fuori discussione e da vietarsi. Forse è ancora troppo recente la promozione dell’eugenetica, inclusa la morte di Stato impartita ai ‘non adatti’ a seguito della divulgazione delle liberali e positiviste teorie di Sir Francis Galton nel secolo scorso proprio in Inghilterra. Non può però sfuggire agli editori del ‘The Economist’ che come tutti i tabù, anche questo potrebbe sciogliersi con il progredire delle autorizzazioni alla morte degna, ovvero dell’eutanasia.
D’altronde, proprio in quei paesi che per primi in questo XXI secolo stanno ripercorrendo le tragiche vicissitudini della legalizzazione dell’eutanasia, in particolare Canada e Olanda, si trovano decine di esempi di eutanasia per i dementi o per gli infelici di vivere. La scivolata del ‘The Economist’ non è una novità, nuova invece è la pervicacia con la quale il pensiero liberale (liberista) si stia arroccando su posizioni liberticide senza accorgersi dei pericoli sociali e dello sfacelo del bene comune che da essi possono derivare.