21/11/2012

Irlanda, i vescovi: “La morte di Savita una vicenda straziante”

La vicenda di Savita Halappanavar, la donna irlandese di origini indiane morta nell’ospedale universitario di Galway per setticemia, dopo che i dottori le avevano negato un’interruzione di gravidanza alla 17.esima settimana, ha riacceso in Irlanda il dibattito sull’aborto.

Il primo ministro di Dublino, Enda Kenny, ha detto di essere in attesa dei risultati delle ben tre inchieste aperte sulla morte della trentunenne. La Costituzione irlandese proibisce formalmente l’aborto ma dal 1992 la Corte Suprema ha decretato che l’interruzione di gravidanza va autorizzata quando la vita della donna è in pericolo.

Tuttavia, negli ultimi vent’anni, nessun governo ha introdotto delle norme per chiarire in quali casi l’aborto sia autorizzato e gli ospedali irlandesi, secondo quanto riferisce l’Associated Press, “sono riluttanti a mettere fino a una gravidanza tranne che nelle circostanze più pericolose per le donne”. La maggior parte delle donne irlandesi che vogliono abortire – circa 4mila secondo le stime – attraversano il mare d’Irlanda e vanno in Inghilterra, dove l’aborto è legale.

Siamo molto dispiaciuti per la tragica morte di Savita Halappanavar. La morte di una connazionale indiana in tali circostanze è motivo di preoccupazione“: è quanto affermato del ministro degli Esteri indiano, Syed Akbaruddin, il giorno la tragica vicenda.

Per la Chiesa, chiamata in causa delle polemiche suscitate dalla vicenda, quella di Savita è “una storia straziante”: “Esprimo la mia più profonda solidarietà al marito di Savita per la perdita di sua moglie e del loro bambino”, ha detto al Servizio di Informazione Religiosa della Cei Martin Long, uno dei portavoce della Conferenza episcopale irlandese, che ha preferito non rilasciare ulteriori dichiarazioni fino alla chiusura delle indagini.

Scrivendo sulle pagine dell’Irish Times, il vescovo di Killala, monsignor Jonh Flemming, ha ricordato che la Costituzione irlandese riconosce “il diritto alla vita del nascituro” e garantisce “l’uguale diritto alla vita della madre” con la “chiara intenzione”, quindi, di “proteggere e amare allo stesso modo le vite della madre e del suo bambino non ancora nato”. Il vescovo sottolinea a questo proposito che “l’Irlanda, senza l’aborto, è riconosciuto come uno dei Paesi più sicuri al mondo per le madri in attesa”. Su 3 donne su 100mila muoiono di parto contro una media di 14 in Europa e Nord America.

È qualcosa di cui dovremmo essere fieri ed è un omaggio alla cura eccellente fornito dal personale ospedaliero il cui trattamento si rivolge sia alla madre sia al bambino non ancora nato con pari dignità e rispetto come persone a pieno titolo. Chiaramente – prosegue il vescovo -, se la vita della madre è in pericolo, a causa di una malattia o di altre condizioni mediche, l’assistenza prestata dai medici farà in modo che la donna riceva tutte le cure mediche necessarie”.

Come riferisce il Sir, anche il Movimento pro life irlandese, per voce del presidente Ruth Cullen, è intervenuto sulla vicenda esprimendo le sue “sentite condoglianze al marito e alla famiglia di Savita Halappanavar”. “È deplorevole – aggiunge Cullen – che qualcuno possa sfruttare la tragica morte della signora Halappanavar, quando le direttive mediche sono molto chiare circa il fatto che devono essere somministrate tutte le cure mediche necessarie a donne in gravidanza. Detto questo, accogliamo con favore il fatto che sia stata aperta un’indagine approfondita per stabilire cosa è andato storto in questo caso”.

Cullen aggiunge che “è di vitale importanza riconoscere in questo momento che l’Irlanda, senza l’aborto indotto, è riconosciuta dalle Nazioni Unite e dall’Organizzazione mondiale della sanità come leader mondiale nella protezione delle donne in gravidanza ed è uno dei luoghi più sicuri come la Gran Bretagna e l’Olanda in cui l’aborto è ampiamente disponibile”.

di Alessandro Speciale

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