In una società radicalmente abortista, in cui un figlio è considerato più un problema che un dono e un’opportunità, al punto che non viene impiegata alcuna risorsa economica per favorire le nascite, mentre si spendono fiumi di soldi pubblici per garantire l’aborto per tutte, c’è chi ha ideato un’opzione per opporsi a questa deriva mortifera anche in veste di contribuente: l’obiezione di coscienza alle spese abortive (Osa).
Per capire esattamente di cosa si tratta, è necessario prima comprendere il meccanismo che si tenta di far inceppare ovvero in che modo l’aborto è finanziato con i soldi pubblici. In realtà per ogni interruzione di gravidanza, le Regioni rimborsano alle strutture ospedaliere in cui avvengono (sia pubbliche che private) mediamente 1.100 euro, soldi che in realtà derivano dal gettito fiscale delle Regioni: addizionale Irpef, Irap, bollo auto ecc. Si calcola che i costi dei 97.535 aborti eseguiti nel 2014 ammontino a 107 milioni di euro ovvero lo 0,1% della spesa sanitaria complessiva, a cui vanno aggiunte anche le visite mediche e gli esami diagnostici pre-intervento. A tutto questo si aggiunge il sostegno economico che lo Stato fornisce a tutto quel personale medico che nei pronto soccorso ginecologici e nei consultori prescrivono pillole del giorno dopo, spirali e quant’altro, tanto che è possibile che la spesa complessiva con cui certi interventi vengono resi possibili e sostenuti sia addirittura doppia rispetto alla cifra calcolata.
Allora come smettere di finanziare l’aborto, dato che è proprio la nostra collaborazione materiale, seppure inconsapevole, a renderlo possibile? Appunto con l’obiezione di coscienza alle spese abortive (Osa) che non è altro che una richiesta esplicita alle Istituzioni pubbliche perché cessino di finanziare l’uccisione dei bambini non nati, dirottando i fondi normalmente impiegati per l’aborto, in favore di quelle strutture che sostengono la vita nascente e supportano le donne che hanno scelto di portare avanti la gravidanza seppure in condizioni critiche.
In concreto si decide di trattenere una cifra dalle tasse dovute alla Regione (addizionale Irpef, bollo, Irap…) di circa 5 euro (che è la quota pro capite destinata a coprire le spese delle interruzioni di gravidanza) e di devolverla, invece, a un’associazione pro life. Un gesto di disobbedienza civile che ha lo scopo di ottenere, in futuro, al momento della dichiarazione dei redditi, la possibilità di destinare o meno, in piena libertà e consapevolezza, una parte delle tasse a sostegno dei costi degli aborti o a sostegno delle gestanti, un po’ come avviene per il 5 per mille e l’8 per mille.
L’idea è maturata all’interno dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII nei primi anni ’90, in quanto, proprio riguardo all’aborto, san Giovanni Paolo II, nell’enciclica Evangelium Vitae, ha dichiarato che le leggi che lo permettono «non solo non creano nessun obbligo per la coscienza, ma sollevano piuttosto un grave e preciso obbligo di opporsi a esse mediante obiezione di coscienza» (n. 73). Un’obiezione di coscienza che può concretizzarsi, in più, anche nel versamento di un’offerta verso strutture che tutelano la vita nascente e nell’ invio di una ‘dichiarazione di obiezione’ al Presidente della Repubblica, al presidente della Regione e all’Agenzia delle Entrate.
Qualche rischio c’è: solo dopo alcuni anni, considerato che la cifra non versata è molto bassa, si potrebbe essere soggetti a sanzioni amministrative ovvero l’Agenzia delle Entrate, dopo l’invio di avvisi e cartelle esattoriali, potrebbe comunicare il mancato pagamento a Equitalia che a sua volta potrebbe prendere provvedimenti per ottenere le cifre non versate, tra cui il fermo amministrativo del veicolo dell’obiettore.
Chi non se la sente di correre rischi, può esercitare ugualmente il proprio diritto di obiezione seguendo le altre due modalità indicate: il versamento di una somma a una realtà pro life e l’invio della propria dichiarazione di obiezione al Presidente della Repubblica. Pur essendo una strada meno rischiosa, è ugualmente una preziosa occasione di sensibilizzazione a sostegno della difesa della vita.
Manuela Antonacci