La famiglia può attendere? A quanto pare, secondo qualcuno sì. Lo si riscontra, non senza un certo sconcerto, alla luce dei quanto sta succedendo nella politica italiana, in questi giorni dominata, come si sa, da una crisi di governo innescata dall’uscita dall’esecutivo di un Sottosegretario e di due Ministri di Italia Viva: Ivan Scalfarotto, Teresa Bellanova ed Elena Bonetti. Ora, quest’ultima era, fino a poche ore fa, Ministro della famiglia della Repubblica; ne consegue come ora la famiglia sia rimasta senza ministero. Inevitabile, si dirà. Vero.
Però è successa una cosa: Giuseppe Conte, una volta apertasi la crisi di governo, si è recato da Sergio Mattarella per assumere ad interim il ministero dell’Agricoltura, ma non quello della famiglia. Che quindi, ora, resta tristemente scoperto. Il che, se da un lato può apparire una marginale sfumatura, dall’altro è invece gravissimo nella misura in cui veicola un messaggio fin troppo chiaro, e cioè che – come si diceva – la famiglia può attendere. Ma ciò è inaccettabile, per ragioni che, ormai, risulta perfino superfluo sottolineare.
Eppure, proprio in un periodo come quello attuale, proprio quando le famiglie – in crisi sotto tutti i punti di vista, economico e di stabilità per non parlare di ciò che comporta, per tanti genitori, avere i figlia casa anziché a scuola durante il giorno – Palazzo Chigi ha scelto di infischiarsene, della famiglia. La stessa famiglia di cui non c’è sostanzialmente nulla nel Recovery Plan - se pensiamo al tema della natalità, urgenza nazionale anzi internazionale del tutto dimenticata – e idealmente e valorialmente picconata pure dalla decisione, assunta dal Ministro degli Interni Luciana Lamorgese, di tornare alla dicitura «genitore 1» e «genitore 2» sulla carta di identità dei minori under14 e anche sui moduli per l'iscrizione scolastica, così archiviando i termini «padre» e «madre».
Difficile, insomma, negare a questo punto negare come la politica italiana – tramite la condotta sia del Presidente del Consiglio sia degli altri Ministri – stia sbattendo fuori dalla porta delle priorità la «cellula fondamentale della società». Ma questo, si badi, non è affatto e solo un problema della sola famiglia, essendo invece una questione che riguarda il futuro del nostro Paese, la sua stessa possibilità di averlo, un domani. Il fatto è che, a forza di trascurarla, la famiglia viene un giorno in cui sarà proprio lei a presentare il conto. Così, tra gli altri, la pensa lo statistico Roberto Volpi.
«La società, gli stati, non potranno mai dire di poter fare a meno della famiglia tradizionale, a meno di non volersi condannare all’estinzione», scriveva infatti Volpi in un articolo sul Foglio di qualche anno fa, subito aggiungendo: «Se uno Sstato segue una linea, legislativa e culturale, che invece di cercare di incanalare e smorzare favorisce di fatto la spinta delle forze e degli assetti economici-produttivi odierni a meno della famiglia tradizionale, non ha scampo: a gioco lungo dovrà piegarsi, vinto, sotto il peso di una progressiva e inarrestabile consunzione. Cosicché, mentre la famiglia tradizionale sembra avviarsi al tramonto, già s’intravede la sua micidiale vendetta».
Se ne ricava come Conte, Lamorgese - e tutti coloro che, in Italia come in Europa, stanno trascurando la famiglia – stiano a conti fatti giocando con il fuoco. E colpisce che, in Parlamento come al Quirinale, nessuna voce si stia in queste ore alzando contro quello che, alla luce di quanto sin qui detto, ha il sapore amaro e sconvolgente dello scandalo. L’ennesimo, in questi anni, contro l’asse portante della nostra comunità e del nostro Paese.