Quello dell’eutanasia è un viaggio ai confini della disumanità. L’assurdo concetto di “morte per vita completata” sta già prendendo piede nei Paesi del Nord Europa, in cui si sta cercando di ampliare le condizioni di legalità di eutanasia e suicidio assistito, persino nei casi in cui una persona ritenga “completata” la sua vita: come se non fosse più la morte a far sì che la vita sia ormai “completata”, ma altri fattori, come, ad esempio, l’anzianità.
Ebbene, il governo olandese starebbe già elaborando «l'approvazione di una pillola suicida o "pillola di Drion" (che prende il nome del teorico che ha sollevato questa possibilità) destinata a persone di più di 70 anni che vogliono semplicemente porre fine alla loro vita, sia che siano sane o malate», leggiamo in un articolo di Religion en Libertad.
Insomma, chi ha vissuto abbastanza può anche togliersi di mezzo, questo è il succo. Se mai una simile crudeltà diventerà legale, si rafforzerà ancor più l’idea che nel momento in cui una persona, dopo aver vissuto la giovinezza e la maturità, cessa di essere produttiva, diventa un peso inutile, un’esistenza che si può tranquillamente annullare.
Pensiamo, quindi, a quanti ultrasettantenni in un momento di depressione potrebbero farla finita, semplicemente assumendo una pillola. Ma ci rendiamo conto della gravità delle conseguenze a cui la legalizzazione dell’eutanasia e del suicidio assistito sta portando? È possibile lasciare che ci siano delle categorie di persone che legalmente possano togliersi o farsi togliere la vita, come se non avessero alcuna importanza? È possibile che, invece di pensare a garantire ad anziani e malati tutta l’assistenza di cui necessitano, si prema tanto per sbarazzarsene?
Perché non dare ai nostri anziani, che sono i nostri tesori, la nostra storia e le nostre radici, una vita degna, accompagnandoli con l’affetto e le cure adeguate, fino alla morte naturale?
di Luca Scalise