Una situazione che ha dell’incredibile, ma possibile a causa di alcuni aspetti ambigui dell’ultimo Dpcm, in particolare, la definizione di “congiunti” che, dopo l’accesa protesta di Arcigay, ha incluso anche le persone legate da un’unione civile e le coppie di fatto ma che, per assurdo, non ha previsto altre situazioni, di cui, invece, la politica, avrebbe dovuto occuparsi.
Di cosa stiamo parlando? Della situazione in cui versa Francesco Curridori, un giornalista immunodepresso e diversamente abile che collabora per il Giornale e che ha avuto il coraggio di scrivere a Conte, in quanto la sua situazione ha qualcosa di paradossale, perché lo costringe ad una prolungata reclusione, in fase2, gli abbiamo chiesto di parlarcene:
Innanzitutto, com’è nata l’idea di questa lettera, ci racconta?
«Ho inviato questa lettera perché secondo me il governo ha gestito male la vicenda facendo decreti totalmente illogici: io che sono immunodepresso, posso essere ucciso da qualunque virus anche più debole del coronavirus, quindi, in teoria, dovrei stare a casa sempre, come si concilia questo con la mia libertà personale e il diritto ad avere relazioni interpersonali? E’ questa contraddizione grande che ho voluto portare all’attenzione di Conte».
Lei non cerca un attenzione per te stesso ma ha voluto mettere in evidenza alcune contraddizioni. Ce le vuole commentare?
«Le contraddizioni sono diverse: per esempio la definizione di “congiunti”. Anche qui c’è mancanza di logica: lei mi deve spiegare perché io posso salire su un autobus dove ci sono 20 estranei che non rispettano le norme di distanziamento sociale e non posso vedere un amico che conosco da vent’anni ma mi è consentito, invece, incontrare un parente di quarto o sesto grado che magari ho visto una sola volta in vita mia. Ma se una famiglia va a trovare i nonni in una casa di 60 mt quadri, non siamo di fronte ugualmente ad un caso di sovraffollamento? Ora, io sono immunodepresso e so quali cautele devo prendere, non ho bisogno che mi venga delimitata la libertà personale a questo scopo. Tuttavia, sono residente in Sardegna ma vivo a Roma. Io potrei andare a prendere il resto dei miei familiari e dei miei congiunti che vivono e lavorano in Sardegna però, nelle mie condizioni di salute, crede che per me sia prudente affrontare un viaggio simile? Non avendo alcun affetto stabile qui, se voglio incontrare un amico, in teoria, dovrei mentire e dire ad esempio, di essere omosessuale. Se sono omosessuale mi è lecito vedere una persona dello stesso sesso che non è mio parente. Tra l’altro, ieri mi ha chiamato una signora disabile che ha bisogno di assistenza quotidiana e mi dice che le vanno a dare una mano volontari che non conosce personalmente, ma la sua amica che conosce da trent’anni, in realtà non potrebbe. E’ un’assurdità. Ed è assurdo anche che, nel momento in cui dal 4 maggio, si possono vedere solo i congiunti, nel modulo di autocertificazione non ci sia alcun rigo sui congiunti. Fortunatamente non siamo in Cina e il rispetto della privacy esiste ed è tutelato e in teoria non sono tenuto a scrivere il nome e cognome della persona che vado a trovare, allora perché lo Stato mi deve mettere nelle condizioni di prenderlo per i fondelli?».
Che soluzioni alternative avrebbe potuto adottare il governo?
«I single disabili e non, sono tanti in Italia, poi ci sono altre persone che non sono in buoni rapporti coi familiari e in questi casi che si fa? Sarebbe stato molto più semplice andare in tv e dire “non è un tana libera tutti, da domani potrete incontrarvi, che ne so..una volta al giorno con una persona a vostra scelta”. Perché tanto i gruppetti di 3 – 4 persone ci sono comunque sempre, anche davanti ai negozi e nessuno è certo andato lì con il metro, a misurare la distanza. E’ una presa per i fondelli».