Rita Townsend e Ann Perkins hanno scritto un libro che si intitola “Frutti amari: esperienze di donne e di gravidanze indesiderate, aborto e adozione” [ Bitter Fruit: Women’s Experiences of Unplanned Pregnancy, Abortion and Adoption (Alameda, California: Hunter House Inc., 1991)] . Non è un libro smaccatamente pro-life: le autrici cercano di porsi in modo neutrale, da nessuna parte c’è una esplicita condanna dell’aborto. eppure ci sono racconti e storie che fanno accapponare la pelle. Come quello della ragazza di 17 anni, Darla, che è stata sottoposta ad una vera e propria violenza psicologica da parte della madre e del personale della clinica per aborti dove era stata trascinata quasi a forza e per niente convinta. E’ stata in tanti momenti lì lì per cedere, ma il suo cuore le diceva che non voleva abortire e ha resistito fino alla fine. Oltretutto era già incinta di 24 settimane. Il bambino era perfettamente formato e aveva anche una discreta possibilità di sopravvivere ad un eventuale aborto salino...
Di fronte all’incertezza di Darla, medici e infermieri a più riprese e in modo più o meno aggressivo, le andavano facendo discorsi per convincerla a “risolvere il problema”. La ragazza aveva solo 17 anni e gli adulti le imponevano “libertà di scelta”.
Questa è la “libertà” per i pro- choice? Questa è la libertà negli Stati Uniti, patria del liberalismo?
Chi volesse approfondire la vicenda di Darla, può leggere ampi stralci della sua testimonianza su Live action news.org.
Redazione