Continua l’emorragia di parlamentari nel Movimento 5 Stelle. L’ultima a uscire è stata, nella giornata di ieri, Tiziana Drago. La senatrice siciliana era tra i pochi esponenti pentastellati ad aver avanzato proposte concrete di politiche familiari e di rilancio demografico. Tutte istanze sostanzialmente ignorate, che, come spiegato dalla stessa senatrice Drago a Pro Vita & Famiglia, l’hanno indotta alla difficile scelta di abbandonare il movimento.
Senatrice Drago, la sua scelta di lasciare il M5S è stata improvvisa o è una decisione maturata nel tempo?
«Ci ho meditato su a lungo, ho cercato di trovare punti di incontro, poi ho compreso che le prospettive non collimavano, in particolare sui temi che ho sempre portato avanti. Probabilmente è stato sia un errore da parte mia aver accettato la loro proposta di candidarmi, sia da parte loro avermi fatto questa proposta. Una volta eletta, poi, non è stata riconosciuta la mia mission, specie dopo la mia partecipazione al Congresso Mondiale delle Famiglie a Verona, nel 2019. Eppure, ci tengo a sottolinearlo, io sono intervenuta anche all’Aquila Film Festival, dove venni invitata a partecipare a un tavolo di confronto su single e famiglia, organizzato da associazioni lgbt e famiglie arcobaleno: eppure nessuno ha mai fatto riferimento a questa mia presenza. Ci tengo a sottolineare questo, per ricordare come il mio lavoro di parlamentare è sempre stato impostato su un impegno trasversale di ascolto di tutte le istanze. La politica del “sei con me o contro di me” non mi è mai appartenuta».
Lei ha affermato che, nel Movimento, sono state tradite le sue attenzioni in merito alle politiche familiari. In quali ambiti in particolare?
«Al di là di qualche “spot”, sono mancati interventi strutturali. A dire la verità, questo non è un limite soltanto dell’attuale governo ma anche di tutti quelli che l’hanno preceduto negli ultimi decenni. Invece, servono riforme strutturali. Ieri, ad esempio, nella Commissione Finanze e Tesoro, in sede consultiva, abbiamo incardinato l’assegno unico: un’iniziativa encomiabile che però andrebbe associata a una riforma strutturale come quella dell’ISEE, oggi iniqua, perché fa riferimento al reddito al lordo, anziché al netto di Irpef, delle accise comunali e regionali. Sono dunque interventi temporanei, quando, invece, è opportuno fare delle riforme che perdurino nel tempo, in quanto il grave problema italiano della denatalità è strettamente correlato all’iniquità economica e alla mancanza di tutele economiche per le famiglie. Bisogna garantire i diritti sanciti dagli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione, senza dimenticare l’art. 53, che parla di progressività di imposta».
Altre criticità da lei denunciate riguardano la scuola. Cosa rischiano gli insegnanti?
«Anche questo è un problema non legato esclusivamente a questo governo. Il punto è che, durante la campagna elettorale, uno dei punti programmatici era quello di intervenire per 31mila docenti meridionali, che chiedevano di rientrare nei luoghi d’origine: tra l’altro, sarebbe stato un intervento a costo zero. Nella scuola c’è un problema serio: urge intervenire per mettere ordine nel mondo della docenza, tra mobilità, stabilizzazioni e assunzioni e oggi ne stiamo prendendo atto, con tutte le cattedre scoperte che ci sono. In un momento di emergenza, bisogna intraprendere soluzioni emergenziali, sia pure sempre nel rispetto della Costituzione. Una cosa che contesto è l’aver sottoposto i docenti precari, che da anni già lavorano nella scuola, ad ulteriore concorso… per verificare cosa? È gente che ha già affrontato concorsi, che ha anni di esperienza. In questo caso andava fatta, non dico una sanatoria, ma un’assunzione per titoli e servizi. Abbiamo urgenza di avere cattedre coperte. Invece, in un periodo così delicato, è stato indetto un concorso, per cui dovremo aspettare la correzione delle prove e magari la verifica della conoscenza e delle competenze di questi docenti si sarebbe potuta fare successivamente, con un vero e proprio anno di prova. Ci sono tanti provvedimenti che si potrebbero intraprendere, però poi si fanno soltanto le scelte che potrebbero portare a un tornaconto immediato. Ad esempio, per i concorsi per neolaureati, sono state raccolte 500mila domande di partecipazione. Cosa fa più gola a livello elettorale: 500mila docenti o 31mila? C’è delusione nei confronti di una realtà come il M5S che doveva essere rivoluzionario, tuttavia il futuro lo vedo positivo, purché non si lavori con troppa fretta, si rifletta molto e si aprano veri tavoli di confronto».
Qual è la sua posizione sul ddl Zan?
«Ho votato sfavorevolmente in Commissione bicamerale Affari Regionali su quest’atto, non perché non ritenga importanti le questioni che portano avanti quelle persone ma perché ritengo che nel tentativo di tutelare queste realtà, non si fa altro che discriminare. Da poco, ho depositato un disegno di legge di integrazione della 194, in cui prevedo l’implementazione delle culle in anonimato, dei consultori familiari e all’interno dei consultori – visto e considerato che si parla della tutela della parità di genere – propongo anche interventi a tutela di questi giovani che magari subiscono atti di violenza e vivono disagi. Il consultorio familiare diverrebbe un unico contenitore che può venire incontro alle esigenze della maternità responsabile e, al tempo stesso, anche di questi ragazzi discriminati».
Ha accennato alla legge 194: quali sono le sue proposte di integrazione?
«Il provvedimento che ho inserito prevede l’educazione alla salute nelle scuole. Erroneamente, la 194 viene definita “legge sull’aborto”, in realtà non è così, l’aborto è l’ultima scelta possibile, prioritaria è l’assistenza socio-economica, prevista nei primi articoli per le coppie incerte nel portare avanti una gravidanza. Spesso è la solitudine che porta a scelte disperate come quella per l’aborto. Lo Stato dovrebbe intervenire in tal senso ma questa attenzione non c’è».