L’azione di morte provocata dalla RU486, con grave rischio anche per la salute della madre, può essere bloccata.
Abbiamo raccontato una vicenda a lieto fine, in proposito, qui.
Il veleno conta di due pillole: dopo aver preso la prima, chi si pente, può interrompere l’aborto in corso. Il bambino ha ottime possibilità di sopravvivere e di solito non subisce conseguenze indesiderate.
In Indiana e in alcuni altri Stati federati americani stanno proponendo che la legge imponga ai medici abortisti che forniscono la RU486 di informare le madri sul come l’aborto chimico cominciato può essere invertito.
È sorprendente come gli abortisti e i media loro sodali reagiscano stizziti a quella che è una possibilità di scelta per le donne.
Uno dei medici che hanno testimoniato a favore del disegno di legge in Indiana è stata Christina Francis, presidente della American Association degli ostetrici e ginecologi Pro-Vita che ha risposto con un editoriale su un giornale locale a quelli che gridavano indignati che non è vero, che è una bufala, che è scienza spazzatura.
Il Mifeprex, la prima pillola, blocca il progesterone, un ormone fondamentale per la crescita fetale. Il Misoprostol, una prostaglandina, provoca le contrazioni uterine e l’espulsione del bambino. Se la madre, invece di prendere la seconda pillola, prende dosi massicce di progesterone, annulla l’effetto del Mifeprex.
La legge dovrebbe informare le donne di questa possibilità. Non blocca l’accesso all’aborto, ma consente di scegliere fino alla fine se uccidere il bambino con la RU486 oppure no.
Chissà perché gli abortisti non vogliono neanche che se ne parli.
Redazione
Fonte: National Right to Life
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