Papa Francesco ha tenuto ieri, nella consueta Udienza generale del mercoledì, una catechesi incentrata sul tema non banale dell’onore. In particolare dell’onore verso i genitori, i nonni, gli anziani, arrivando – come spesso accaduto nel suo Pontificato – a toccare il dramma della “cultura dello scarto”.
«Quante volte – ha osservato il Papa con amarezza - abbiamo sentito o abbiamo pensato: I vecchi danno fastidio». E questo è vero specialmente oggi. Sia perché un giovanilismo malsano e miope vede ogni positività nella giovinezza e tutti i mali nell’età matura, associata un tempo alla saggezza e alla gravità. Sia perché un uso scorretto e inaccettabile del progresso medico-scientifico ha fatto credere ad alcuni che la “vita degna di essere vissuta” finisce quando la salute non c’è più o è fortemente diminuita da invalidità e disagi.
In questi casi, secondo la cultura eutanasica spesso dominante, sarebbe meglio tirare la corda e “morire con dignità”, invece che lottare con coraggio, con pazienza e con l’ausilio decisivo della medicina e delle cure disponibili.
La logica cristiana ed evangelica che il Papa vuole difendere va in senso diametralmente opposto e, soprattutto, va in senso trasversale perché mette d’accordo credenti e non credenti, poiché «apre una strada per una diversa restituzione dell’amore: è la via dell’onorare chi ci ha preceduto».
Da qui l’importanza dell’onore che dobbiamo a tutti gli anziani e alle persone fragili. E questo onore, su cui il Papa ha avuto toccanti parole, è il rifiuto dello scarto, del disprezzo e dell’abbandono. Secondo Francesco, infatti, «Questo amore speciale che si apre la strada nella forma dell’onore – cioè, tenerezza e rispetto allo stesso tempo – destinato all’età anziana è sigillato dal comandamento di Dio». E’ inoltre vero che la stessa ragione umana, e la scienza, ci insegna che l’anziano, proprio per la sua condizione di fragilità, va particolarmente aiutato e sostenuto, e non invitato a lasciarci.
In effetti in tutte le recenti proposte di eutanasia, attiva o passiva, di suicidio assistito e di omicidio del consenziente, si sta disonorando la dignità umana e ciò che è più sacro nell’umanità. Ed è giusto contrapporre a questa mentalità regressiva il concetto dell’onore.
A questi tentativi disumani che pretendono di essere “scientifici” e “umanitari”, papa Francesco risponde con una visione alta, fatta di pietà e di rispetto. «La cura stessa del malato, ha detto ieri in piazza san Pietro, il sostegno di chi non è autosufficiente, la garanzia del sostentamento» non devono mai «mancare di onore».
E ciò accadrebbe secondo il Papa quando «la debolezza è rimproverata, e addirittura punita, come fosse una colpa». Il mito della perfezione fisica ed estetica va proprio in tal senso, marginalizzando e colpevolizzando chi ha difetti e patologie. Magari non facendolo nascere (con l’aborto eugenetico) o invitandolo caldamente a morire (con l’eutanasia), perché “imperfetto” e “inabile”.
La sostituzione del concetto di sacralità della vita con quello di dignità della vita si situa esattamente qui. Per i difensori della “vita degna di essere vissuta” solo a determinate condizioni e del “morire con dignità” la debolezza configura una colpa, una negatività da rimuovere, magari con una banale iniezione letale.
Ma «se io disonoro l’anziano», ha concluso ieri il Papa, o il malato grave o il disabile, io «disonoro me stesso».