Una battaglia giudiziaria che va avanti già da qualche anno, quella di Stella Bertucci, 39 anni, che cinque anni fa è diventata madre di un bel bambino venuto alla luce nell'agosto del 2016. Un lieto evento rovinato dalla decisione inaspettata dell'azienda in cui lavorava già da tempo, che ha pensato bene di licenziarla, nel momento più delicato della sua vita.
Una presa di posizione ferale che si sarebbe concretizzata 40 giorni dopo il parto. Neanche il tempo di riprendersi dal puerperio.
Ma l’aspetto più incredibile della vicenda è che, nonostante un contratto di lavoro a tempo indeterminato, la donna oltre al danno ha subito anche la beffa. Infatti come ha dichiarato incredula, avrebbe scoperto che al suo posto, continuava a lavorare la persona che era stata assunta per sostituirla, soltanto nel periodo della maternità. Uno dei motivi per i quali avrebbe intrapreso la sua battaglia legale.
Un episodio che la dice lunga su quali siano le categorie veramente discriminate nella nostra società in cui si fanno battaglie all’insegna del “femminismo”, che poco hanno a che fare con i problemi reali delle donne, ma poi non si alza la voce contro situazioni ben più gravi e che ledono davvero i diritti delle donne, in primis quello alla maternità.
Per il giudice del lavoro che ha preso in esame il caso, non c’è dubbio sulla natura discriminatoria del provvedimento da parte dell'agenzia «Non una scelta imprenditoriale insindacabile nell'aver preferito un'altra lavoratrice - sottolinea Danilo Colobraro, avvocato specializzato in diritto del lavoro - ma dettata da ragioni discriminatorie legate allo stato di gravidanza prima e maternità poi».
Purtroppo, basta consultare i dati Istat per rendersi conto che si tratta di episodi quasi all’ordine del giorno, che la dicono lunga sulla difficoltà concreta e reale che le donne vivono sulla loro pelle nel trovare e mantenere un posto di lavoro, soprattutto laddove, scelgano di realizzarsi anche come madri. E di fronte a tutto questo Stella rivendica: «Semplicemente non credo che sia sbagliato desiderare di avere un figlio e poi di tornare al lavoro».