Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, era stata senza dubbio molto chiara nel dire ancora settimane fa - a proposito della manovra di bilancio del suo governo - che «la coperta è corta». E in effetti le aspettative d’una manovra, se non epocale almeno rivoluzionaria, insomma di svolta, sono state verosimilmente deluse, a partire dal fatto che si tratta di un provvedimento da 24 miliardi (non quindi immenso); tuttavia non si può negare come questa vera prima manovra dell’esecutivo di destra (la precedente, formalmente la prima, era però stata in larga parte ereditata dall’esecutivo di Mario Draghi) contenga passaggi senza dubbio pro famiglia e pro natalità.
«Abbiamo rimesso al centro parole chiave quasi bandite come famiglia e natalità», è stato il commento nel presentare la bozza di provvedimento del Ministro della famiglia Eugenia Roccella, la quale ha aggiunto che, «con vincoli così stringenti, c'erano due strade possibili: distribuire piccoli oboli o avere il coraggio di operare delle scelte, talvolta impopolari. II governo ha scelto di scegliere, si è dato delle priorità, le ha portate avanti, le ha spiegate agli italiani». Per quanto riguarda l’attenzione alla famiglia, oggettivamente qualcosa di rilevante nella manovra c’è. Sono le misure contenute nel capitolo Famiglia, pari opportunità e politiche di intervento in materia sociale.
Di che misure si tratta? Di una serie di provvedimenti, che vanno: da uno sgravio contributivo al “100%” fino comunque a un «massimo di 3000 euro annui», senza limiti di reddito - quindi per tutte le lavoratrici con figli (si stima siano 1,35 milioni, di cui 175.000 con tre o più figli) a esclusione del «lavoro domestico» - all’incremento del bonus (da 2.500 a 3.600 euro) per pagare le rette agli asili nido pubblici e privati, ancorché destinato solo ai secondi figli nati dal primo gennaio 2024 in nuclei con già un minore under 10 e un tetto Isee di massimo 40.000 euro. Ci sono poi interventi non esattamente banali sul congedo parentale. Infatti, con questa manovra solo per il 2024 sono previsti due mesi di congedo parentale facoltativo di maternità o paternità, in alternativa tra i genitori, fino al sesto anno di vita dei bambini, vengono retribuiti all'80% - successivamente il congedo tornerà a essere retribuito per un mese all'80% e per un mese al 60%.
Ciò non significa, beninteso, che non vi siano elementi di criticità anche in questa manovra, sulla quale il governo non intende accogliere né prevedere emendamenti neppure da parte della stessa maggioranza. Alle polemiche per i 350 milioni sottratti dal Fondo per le disabilità e per gli “zero euro” previsti per la non autosufficienza, ha segnalato per esempio Avvenire, «si aggiunge la preoccupazione per la scelta di non utilizzare nell’ambito delle politiche familiari le risorse non utilizzate per l’assegno unico». Va anche detto che è impossibile, se davvero «la coperta è corta» - come purtroppo pare essere -, varare un provvedimento che possa accontentare tutti.
Si rende perciò davvero necessario «avere il coraggio di operare delle scelte, talvolta impopolari»; e sicuramente quello di provare a sostenere la natalità con il rafforzamento del bonus per gli asili nido, l’azzeramento dei contributi per le madri che lavorano con almeno due figli e la summenzionata previsione sul congedo parentale, ecco, è un tentativo apprezzabile. Non solo, attenzione, per il lato quantitativo di queste misure – che può essere anche criticato o giudicato troppo modesto -, ma anche se non soprattutto per il segnale politico e valoriale che ciò offre al Paese. Un segnale incoraggiante in quanto in controtendenza rispetto a ciò che ogni giorno chiede la cultura dominante; e, per quanto, un segnale che può far sperare.