Oltre 13mila persone hanno partecipato alla Marcia per la Vita che, giunta ormai alla sua sesta edizione, si è tenuta sabato 29 aprile a Città del Messico.
A dieci anni dalla depenalizzazione dell’aborto nel distretto della capitale (il Messico – lo ricordiamo – è una federazione di Stati e pertanto la legislazione in materia di aborto varia da regione a regione) numerose associazioni riunite nella piattaforma Pasos por la Vida hanno deciso di scendere in piazza a difesa del diritto alla vita del concepito.
Attualmente la legge permette l’aborto fino alla 12 settimana di gestazione, ma diversi esponenti politici stanno lavorando per estendere questo presunto diritto anche oltre, sino alla 24esima settimana di gravidanza. Per questo motivo è necessaria e urgente la mobilitazione di tutte le forze sane della società, a prescindere dal credo religioso o dall’appartenenza e simpatia politica. Contrastare l’omicidio dei nascituri è una battaglia di ragionevolezza e buon senso, perché se non si riconosce il diritto alla vita di tutti, ogni altro diritto o libertà verrà meno.
La Marcia per la Vita di Città del Messico ha chiesto quindi di abrogare le norme del Codice civile che permettono l’aborto e maggior attenzione da parte delle istituzioni alla maternità e alle famiglie. Lo Stato infatti dovrebbe preoccuparsi di garantire a tutti una vita degna e non di risolvere i problemi con la legalizzazione dell’infanticidio.
Gli organizzatori dell’evento hanno anche ricordato che negli ultimi dieci anni solo negli ospedali pubblici sono stati uccisi oltre 176mila bambini: ecco i risultati dell’aborto ed ecco perché la Marcia per la Vita.
Di fronte a questi dati, i partecipanti alla mobilitazione hanno detto chiaramente che l’aborto è un crimine e hanno fatto sentire la loro voce, avvisando i politici che mai voteranno candidati abortisti.
Sarà quello che verrà chiesto anche a Roma, il prossimo 20 maggio, alla Marcia per la Vita italiana.
Redazione
Fonte: Aci Prensa
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