Mancano pochi giorni ormai alla Marcia per la vita che avrà luogo a Roma l’8 maggio.
Perché tornare a Roma – si chiedono alcuni – dopo che ben due Family Day che pur hanno mobilitato grandi folle, non hanno sortito l’effetto sperato?
La legge sulla “buona scuola” che surrettiziamente dà via libera alla gender theory è stata infatti firmata poco dopo il grande raduno del 20 giugno, mentre il ddl Cirinnà che introduce il matrimonio gay è passato in Senato a neanche un mese dalla manifestazione del Circo Massimo.
Ma se i due Family Day non hanno fermato la macchina di una democrazia estenuata, ormai tale solo di nome perché sganciata dalla legge naturale e per questo “puro meccanismo di regolazione empirica di diversi e contrapposti interessi” (Giovanni Paolo II- Evangelium vitae, n. 70), ritornare a Roma per la Marcia è necessario.
Non servirà magari a scuotere il Palazzo prono ai diktat che vengono dai centri del potere globale che – ormai è ben chiaro – mirano al controllo della popolazione attraverso la diffusione di pratiche anti-vita quali l’aborto, la fecondazione artificiale, l’eutanasia e la distruzione della famiglia; non servirà tanto per scuotere il Palazzo, appunto, quanto per risvegliare le coscienze.
Per ricordare innanzi tutto che nel nostro Paese, quotidianamente, più di trecento bambini sono sterminati nei nostri ospedali per l’aborto volontario. Che ogni anno un numero di bambini pari agli abitanti di una città media della nostra penisola trova la morte, sempre per l’aborto volontario, e che, dall’entrata in vigore della legge 194 che ciò consente e legalizza, la cifra dei morti è prossima ai sei milioni. Per ricordare che ogni anno nel mondo cinquanta milioni di bambini sono uccisi in un genocidio che fa impallidire tutti quelli che la Storia può contare.
Tutti dati che già conosciamo, ma dai quali l’attenzione è continuamente e deliberatamente stornata dall’incalzare di mille altre proposte, idee, occasioni, notizie che il sistema mass-mediatico e il pensiero dominante ci rovesciano addosso ogni giorno. L’importante è che la gente non pensi. E se proprio si deve parlare di aborto, allora si discetta sulla reprimenda inflitta all’Italia dal Consiglio d’Europa che, su istanza della CGIL, lamenta la diffusione dell’obiezione di coscienza da parte dei medici e invita il nostro Paese a rendere il “servizio” di aborto ancora più agevole.
La Marcia per la Vita a questo serve, per questo è stata voluta. Per risvegliare le coscienze dalla narcosi indotta da un pensiero dominante per il quale l’autodeterminazione della donna è diventata un mito intoccabile, e pazienza se si esercita anche sulla vita di un figlio. Quello che conta è la possibilità di scelta, di fare quello che si vuole.
Per tutto questo è importante scendere in Marcia: per dire che adesso basta. Che non è possibile costruire benessere, futuro, serena convivenza sull’eliminazione di bimbi innocenti e che il fuoco di questo moloch cui giornalmente sacrifichiamo i nostri figli finirà col ridurre in cenere la nostra stessa civiltà. Per dire che l’aborto è la falla nella diga, il piano inclinato attraverso cui il dominio dell’uomo sull’uomo diventa tragica realtà. Per invocare da Dio che il nostro cuore di pietra si trasformi in un cuore di carne.
Marisa Orecchia
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