18/01/2016

Matrimonio gay e ddl Cirinnà: solo nell’interesse degli adulti

In un recente comunicato stampa, anche la Comunità Papa Giovanni XXIII si è apertamente schierata contro l’approvazione della legge Cirinnà, che legalizza il matrimonio gay e la conseguente adozione (dietro fumose sepressioni come “unioni civili”).

Da sempre in prima linea per l’aiuto concreto alle donne, ai bambini, agli emarginati, ai disabili, sulle orme dell’indimenticabile don Oreste Benzi, la Comunità Papa Giovanni XIII per bocca del suo responsabile nazionale, Pietro Ramonda, ha spiegato come la stepchild adoption e/o l’affido rafforzato previste dal ddl Cirinnà, siano norme dettate nell’esclusivo interesse degli adulti e della soddisfazione dei loro desideri “impossibili”, e non  nell’interesse dei bambini.

Questo il testo del comunicato stampa.

No a stepchild adoption e affido rafforzato.

La Comunità Papa Giovanni XXIII esprime una posizione fortemente critica nei confronti del disegno di legge su “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” la cui discussione al Senato è prevista per il 26 gennaio. In particolare per quanto riguarda la cosiddetta stepchild adoption.

«Tutta la normativa che si è sviluppata in Italia a partire dalla legge n. 184 del 1983 sull’affido e l’adozione ha posto al centro il diritto del bambino a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma, non quello degli adulti ad avere un figlio» dichiara Giovanni Ramonda, responsabile generale dell’associazione.

«L’articolo 5 del ddl Cirinnà è invece chiaramente orientato ad assicurare un figlio alla coppia omosessuale, ma tutta la psicologia dell’età evolutiva dimostra che lo sviluppo armonico ha bisogno della presenza della figura paterna e materna, mentre non c’è alcun bisogno del minore di avere due padri o due madri. Inoltre è evidente che, non potendo la coppia omosessuale generare un figlio, questa scelta andrebbe a favorire la pratica dell’utero in affitto, che è una inaccettabile forma di sfruttamento della donna e va a pianificare la nascita di bambini orfani di madre».

matrimonio gay_comunità_oreste_benziLa Comunità Papa Giovanni XXIII rifiuta anche l’ipotesi attualmente in discussione a livello politico di risolvere il problema con una forma rafforzata di affido.

«Una scelta di questo tipo andrebbe a snaturare questo strumento giuridico importantissimo che consente di dare ad ogni bambino una vera famiglia temporanea, in attesa che possa ritornare nella famiglia di origine o andare in adozione in una nuova famiglia. Prosegue Ramonda – Anche per l’affido va ribadito che è uno strumento per dare una famiglia ad un bambino, non un bambino ad una coppia senza figli».

«Invitiamo i legislatori a concentrarsi sui diritti dei minori piuttosto che su quelli degli adulti – conclude Ramonda – Dai dati disponibili risulta che in Italia due terzi dei minori da 0 a 2 anni con difficoltà familiari vengono collocati in comunità con operatori a turno, mentre ci sono tantissime famiglie disponibili. Questa è una vera emergenza sulla quale bisognerebbe intervenire, sostenendo reti di famiglie disponibili ad accogliere questi bambini e le vere comunità familiari che assicurano la presenza di una mamma e un papà».

Redazione

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