Abbiamo parlato recentemente dei genitori di Midrar e del loro ricorso alla decisione dell’ospedale di rimuovergli la ventilazione artificiale.
«La Corte d’Appello di Londra ha rigettato ieri la richiesta della famiglia di Midrar Ali, confermando il permesso al Saint Mary’s Hospital di Manchester di staccare il ventilatore al piccolo di quasi cinque mesi. Per i giudici si deve dichiarare che “Midrar è morto alle 20:01 dell’1 ottobre 2019”, data del primo test neurologico. Eppure il bambino continua a crescere e oggi pesa circa otto chili: come si può dire che è morto quattro mesi e mezzo fa?», si chiede La Nuova Bussola Quotidiana in un suo articolo.
L’ospedale aveva già chiesto formalmente di poter rimuovere al piccolo i supporti vitali, per garantirgli «una morte buona e dignitosa». Ma questa è una contraddizione in termini: il bambino non era già “morto” il primo ottobre – riflette, giustamente, La Nuova Bussola Quotidiana? A furia di considerare “morte” ogni condizione di inguaribilità o di improduttività, stiamo iniziando a chiamare “morte” un po’ tutto e a non sapere più cosa significhi veramente.
Tant’è che è il bambino stesso a dimostrare di non essere morto, essendo continuato a crescere fino a raggiungere i 7.9 chili. Insomma, che dietro la cultura della morte, presentata come “migliore interesse” del paziente, ci sia un enorme business ormai lo abbiamo capito tutti: non resta che sperare che venga rispettata la vita del piccolo, fino al suo termine naturale.
di Luca Scalise