03/01/2025 di Fabio Piemonte

Nel “progressista” Canada boom di morti per Eutanasia: 15mila in un solo anno

Sono 15.343 coloro che hanno chiesto e ottenuto l’eutanasia in Canada nel 2023. Sono questi i dati agghiaccianti resi recentemente noti dal Ministero della Salute canadese nel “Quinto rapporto annuale sull’assistenza medica al suicidio” (per l’anno che sta per concludersi, essendo ancora in corso, è ancora troppo presto per avere dei dati certi). Nel caso di specie si tratta per il 95, 9% di decessi di pazienti considerati in condizione terminale (il 33,5% di questi sono tra l’altro pazienti con disabilità); per il 4,1% di morti di persone ritenute non in condizione terminale. Il quadro relativo alle diverse province del Canada vede aumentare nel 2023 i decessi per eutanasia del 36,5% in Québec; del 30,3% in Ontario; del 18% nella British Columbia e del 6,4% in Alberta.

Anche la “socialità” come motivo di eutanasia

Analizzando nel dettaglio i dati emerge che l’eutanasia “per fragilità” è stata indicata come causa in 1.392 decessi (oltre il 9% di tutti i decessi per “dolce morte”). Tra questi, per 92 persone la fragilità è stata indicata addirittura come unica causa. L’eutanasia “per dolore cronico” è stata invece additata come motivo di 933 morti; per 23 di questi tale dolore è stata l’unica causa scatenante la richiesta eutanasica. L’eutanasia per demenza è stata poi indicata come causa di 241 decessi; tra essi 106 come unica causa. Ma ciò che desta maggiore preoccupazione è il fatto che in molti casi la richiesta di morire è strettamente legata alla condizione sociale della persona, la quale ha indicato tra le altre motivazioni all’eutanasia la «perdita della capacità di impegnarsi in attività significative» (96%); la «perdita della capacità di svolgere le attività della vita quotidiana» (87%); la «perdita di dignità» (70%); il «controllo inadeguato del dolore» (55%). Solitudine e isolamento sono poi stati riscontrati per oltre 3.200 persone, ossia per più del 21% di tutti i decessi per eutanasia. Inoltre, come se non bastasse, ciò che è ancor più scandaloso è il fatto che pare che il 25% dei fornitori della “dolce morte” abbia violato la legge in quanto almeno 428 morti per eutanasia risultano «non conformi». È quanto infatti ha denunciato il MAiD Death Review Committee, il rapporto pubblicato in Ontario, il quale segnala che tra il 2018 e il 2023 si sono verificati anche decessi per eutanasia  causati semplicemente da mancanza di casa, paura e isolamento, dunque soltanto perché la persona viveva in condizioni di povertà o disabilità.

Stessa deriva in Italia?

Per quanto il nostro Paese sia allo stato attuale senza dubbio lontano da simili situazioni, non mancano però le spinte eutanasiche, in special modo da parte dei Radicali, i quali vorrebbero imporre l’ideologia secondo cui ogni persona dovrebbe vedersi riconosciuto il “diritto di morire” (in realtà si tratta di omicidio del consenziente), senza alcun limite, compresi quanti manifestano depressione o altra fragilità psicologica. Proprio il Canada, purtroppo, ci sta dimostrando drammaticamente come va a finire, a distanza di anni, quando piano piano si cercano di scardinare sempre più limiti e paletti. Pensiamo, infatti, a cosa sarebbe potuto accadere se l’Italia fosse stata nella stessa situazione del Canada a quel giovane studente del Politecnico di Bari, che in una lettera anonima appesa all’albero di Natale allestito nell’atrio dell’ateneo ha scritto: «Caro Babbo Natale, vivere è diventato estenuante e non ho molta voglia di farlo. Non ho più voglia di combattere per ciò che desidero». Egli ha poi manifestato di volersi «addormentare e non svegliarsi più», a causa «di una sofferenza che non riesco più a sopportare».

Per fortuna non siamo in Canada

Fortunatamente, appunto, non siamo in Canada e in generale c’è ancora in Italia quel generale buon senso di umanità che permette di capire quanto sia importante stare accanto e accompagnare chi soffre, per qualsiasi motivo. Tanto che la risposta – positiva, umana, di speranza – allo studente, non si è fatta attendere: «Caro studente, la vita è un miracolo ogni giorno. Ci siamo per te», ha infatti aggiunto in calce alla lettera con penna rossa una docente che non è rimasta indifferente al suo grido d’aiuto. La missiva dello studente è stata poi condivisa sui social ed è diventata virale. Non sono dunque mancati i messaggi di supporto, fiducia e incoraggiamento per lui. Ma non solo. Riconoscendo il figlio dalla calligrafia, la madre ha lanciato un appello, invitando l’Italia ad andare proprio nella direzione di sostenere chiunque versi in condizioni di fragilità. Appunto: sostenere, accompagnare e cercare di eliminare le sofferenze, non di eliminare il sofferente come accade per migliaia in Canada.

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