07/08/2021 di Tommaso Scandroglio

Nessuno si senta al sicuro

L’anticultura pro-choice o libertaria predica un’apparente doppia contraddizione in merito alla condizione delle persone Down. La prima: è moralmente lecito, se la madre lo vuole, sopprimere il nascituro affetto da trisomia 21, tuttavia non è moralmente lecito non solo sopprimere ma neppure discriminare il bambino, ragazzo, adulto affetto dalla medesima sindrome. La volontà di tutelare le persone disabili, tra cui anche le persone Down, ha portato a voler includere nel famigerato testo unico dell’on. Alessandro Zan sulla cosiddetta omofobia anche il contrasto all’“abilismo”, neologismo che vorrebbe indicare qualsiasi discriminazione a danno delle persone disabili. In realtà l’“abilismo” è una copertura a favore delle rivendicazioni Lgbt, perché inserire anche le persone disabili nel ddl Zan ha permesso al fronte arcobaleno di tracciare la seguente equazione: se sei contro al disegno di legge Zan vuol dire che sei contro le persone disabili. Insomma, uno scudo che protegge le istanze Lgbt.

Dunque, tornando al discorso iniziale, il nascituro Down non è tutelato, il già nato Down invece sì. Questa apparente contraddizione si ripete in un altro caso. Alcune disabilità in alcune circostanze sono tutelate - come in genere la sindrome di Down -, altre disabilità in altri frangenti no. Pensiamo a questo proposito ai casi dei piccoli Charlie Gard, Alfie Evans, Isaiah Haastrup uccisi tramite eutanasia nel Regno Unito, oppure al caso nostrano di Eluana Englaro o a quello francese di Vincent Lambert, oppure alla recente vicenda che vede un polacco, di cui si conosce solo l’acronimo RS, che rischia l’eutanasia sempre su suolo inglese. Sono tutti casi in cui la disabilità di queste persone viene giudicata da terzi incompatibile con la vita. Di contro la disabilità di una persona Down che ha vita sociale, che riesce a comunicare con altre persone, che si pone dei fini intelligibili, che ha coscienza di sé e del mondo esterno, che dimostra di articolare giudizi morali è compatibile con la vita e quindi non viene costretta a morire.

Abbiamo scritto che la decisione di voler sopprimere il nascituro Down e la persona già nata, ma fortemente disabile, è in contraddizione con il sentire diffuso che vuole invece tutelare le persone Down. Alla luce della retta ragione è realmente una vera e propria contraddizione. Infatti se il criterio per uccidere una persona viene individuato nella sua imperfezione psico-fisica, perché questo criterio viene applicato in alcuni casi e non in altri? La risposta può essere rinvenuta nell’intima natura del processo rivoluzionario che mira a sovvertire l’ordine voluto dalla legge naturale. La rivoluzione, per sua natura, procede per gradi, vuole raggiungere i suoi obiettivi step by step. 

In merito alla legge morale naturale, una prima tappa è stata la liberazione sessuale, poi la contraccezione, successivamente il divorzio, e quindi l’aborto. Un aborto privo di qualsiasi limite. Nelle sue fauci quindi sono finiti anche tutti i bambini disabili, anche quelli affetti dalla sindrome di Down. Dopo l’aborto vi sono state altre “conquiste” del fronte pro-choice, ad esempio l’eutanasia. Ma anche la pratica eutanasica si deve imporre gradualmente: non si può chiedere tutto e subito. Ecco allora che innanzitutto questa pratica dovrà riguardare i casi disperati, i casi limite, come quelli che sopra abbiamo indicato. Solo successivamente - e in alcune ipotesi in realtà è già avvenuto - l’eutanasia potrà essere applicata anche ai casi meno gravi. Nulla quindi esclude che in futuro l’eutanasia possa venire applicata anche ai bambini, ragazzi e adulti Down, ovviamente nel loro «best interest», miglior interesse. Dunque, la contraddizione prima indicata si risolve se pensiamo che la rivoluzione necessariamente non può che procedere per gradi, altrimenti sarebbe indigeribile ai più, altrimenti la massa si accorgerebbe con orrore che dietro alla rivendicazione dei cosiddetti “diritti civili” c’è solo distruzione e morte. Se invece alziamo pian piano la temperatura di un catino d’acqua, dove abbiamo messo a mollo una rana, fino a portare ad ebollizione l’acqua, la rana sarà ormai così stordita che non potrà più reagire e morirà bollita. 

In modo più analitico dovremmo puntualizzare che il fil rouge che lega l’aborto del bambino Down all’eutanasia del neonato disabile grave è dato dell’eugenetica. Solo i perfetti meritano di vivere, gli altri no. Questo principio deve essere applicato con coerenza e quindi in tutti i casi, senza eccezioni, ma ciò, lo ripetiamo, non può avvenire subito, bensì gradualmente. E dunque per il militante rivoluzionario duro e puro, sebbene non lo possa ammettere, anche il giovane Down non dovrebbe vivere. Un principio, quello eugenetico - lo annotiamo a margine - che necessariamente porta a morte certa anche i suoi stessi sostenitori (come accadde nella Rivoluzione francese, quando non pochi sostenitori della ghigliottina, pensiamo a Robespierre, finirono ghigliottinati loro stessi). Infatti nessuno di noi, compreso il rivoluzionario duro e puro, è perfettamente sano. Qualsiasi soglia di perfezione stabilita a tavolino è poi destinata a saltare perché arbitraria, e quindi rivedibile. Perciò nessuno si senta al sicuro. Tutti siamo dei potenziali Down.

 

Fonte: Notizie Pro Vita & Famglia, n.94

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