L’esperienza sul campo, nelle situazioni di fine vita, insegna che la realtà non è mai solo bianca o nera, ma una sfumata scala di grigi, dove non tutte le situazioni sono gestite allo stesso modo per competenze, preparazione o attitudini personali e dove non tutte le azioni o omissioni sono eticamente neutre.
Il direttore dell’Ufficio di Pastorale della Salute della Diocesi di Aosta, don Isidoro Mercuri Giovinazzo, unitamente all’Associazione Italiana di Pastorale Sanitaria e al Forum Sociosanitario nazionale, hanno proposto una conferenza dal titolo: “Non sei solo, mi prendo cura di te”: medicina, legislazione ed etica del fine vita.
Il Dott. Giovanni Donati, medico chirurgo toracico e bioeticista, dell’Ospedale Umberto Parini di Aosta, la Dott.ssa Cinzia Ceccaroli, del servizio legislativo della Regione Marche, specializzata in biodiritto e il Dott. Dino Moltisanti, Docente di Bioetica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, attraverso la loro competenza accademica ed esperienza pluriennale, ci hanno condotto con pacatezza ed attenzione cristiana, attraverso questo tortuoso sentiero, per aiutarci ad avere maggiori strumenti di discernimento, il tutto alla presenza del Vescovo di Aosta Mons. Franco Lovignana. Poiché nelle Facoltà di Medicina non si insegnano agli studenti le terapie, le cure e lo stile di accompagnamento nei momenti finali della vita, la Medicina moderna, efficientista e meccanicistica, ha dovuto riapprendere l’arte del morire e del far vivere al meglio i morenti fino alla fine.
Pratiche distanasiche, di abbandono terapeutico o di desistenza terapeutica mettono in crisi quotidianamente le coscienze di molte persone. Come promuovere responsabilmente la tutela della vita e il bene comune? Contro una cultura dello scarto, di cui ci parla sovente il Santo Padre Francesco, desideriamo esprimere vicinanza ed inclusione verso tutti coloro che soffrono, lenendo il loro patire con una attenta presenza ed adeguati strumenti farmacologici, relazionali, spirituali. Molto resta ancora da fare per garantire l’approccio di cura più proporzionato e rispettoso dei malati e delle loro famiglie da parte della Medicina Palliativa: occorre essere consapevoli delle molteplici attuali criticità culturali, socio-economiche e cliniche per elaborare strategie di assistenza che soddisfino i bisogni complessi delle fasi avanzate di tutte le patologie croniche e degenerative, quali quelle neurologiche, cardiovascolari o respiratorie e non soltanto quelle oncologiche, per le quali nell’ ultimo decennio sono stati fatti passi da gigante per l’assistenza. L’intervento poi ha proposto una riflessione sull'assetto legislativo, in tema di fine vita, delineatosi nell’ordinamento giuridico italiano, con lettura bioetica degli aspetti più rilevanti delle leggi in esame.
Dopo aver ripercorso l’evoluzione del «diritto alle cure palliative» ci siamo soffermati sui principi enunciati dalla l. 38/10 «Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore». In linea con il significato moderno di «salute», nel modello assistenziale di medicina palliativa, il concetto di cura si estende non solo ai «sintomi» della patologia ma anche al disagio psichico, relazionale e spirituale della persona malata: impostazione, accolta, anche dalla l. 219/17 «Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento», che promuove la fondamentale relazione di cura tra medico e paziente e, nell’accogliere un’etica dell’accompagnamento, assicura dignità alla fase finale dell’esistenza.
All’indomani dell’inammissibilità del referendum pro-eutanasia, l’intervento ha voluto rilevare i profili di criticità derivanti dalla sent. della Corte Cost. n. 242/19 (non punibilità a certe condizioni, dell’aiuto al suicidio, ex art. 580 c.p.) e dal Testo unificato al Senato «Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita». L’idea di una morte anticipata e programmata, rispetto alla sua fine naturale, oltre a svilire i principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico a tutela del «diritto alla vita», rappresenta un rischio di disimpegno sociale, in termini di accoglienza e cura della persona malata, in particolare se fragile e in condizioni di solitudine esistenziale, la quale solo in contesti di relazioni umane ispirate alla solidarietà può esprimere la propria personalità anche nelle fasi più estreme della vita.
Articolo già pubblicato su Famiglia Cristiana a firma di Don Isidoro Mercuri Giovinazzo, Pres. Nazionale AIPaS, Vicepres. Nazionale Forum Socisanitario e Direttore Ufficio Pastorale Salute- Diocesi di Aosta