A seguito del lockdown decretato durante il periodo Covid, abbiamo avuto la conferma che la solitudine è un grave problema di salute pubblica, soprattutto in un mondo in cui le famiglie sono sempre più atomizzate e sono sempre di più i single. Tant'è che l'ex premier del Regno Unito, Theresa May, ha persino nominato un ministro per la solitudine. Nei Paesi del Nord Europa le persone muoiono sole e la cosa viene rilevata dai vicini quando sentono il cattivo odore che proviene dalla porta di casa.
Del resto, se ormai "tutto è famiglia", qualsiasi tipo di convivenza, allora la famiglia davvero non è più niente.
A questo aggiungiamo l'invecchiamento della popolazione: nascono sempre meno bambini, la vita si allunga sempre di più, e chi invecchia senza famiglia o senza figli o con un solo figlio ha molte più probabilità di dover fare i conti con una triste solitudine, soprattutto quando la salute comincia a vacillare.
È per questo che ProVita & Famiglia ha lanciato una campagna e una petizione a favore dei nonni.
Da un lato per una questione materiale: affinché lo Stato ponga in essere misure concrete per riconoscere l'alto valore sociale dei nonni "attivi" (che spesso tengono in piedi le famiglie dei figli e dei nipoti: qualcuno ha calcolato che il loro "lavoro" vale sui 2000 - 2500 Euro al mese).
D'altro lato deve provvedere al sostegno degli anziani disabili e soli (appunto), per adempiere a quel dovere di solidarietà sociale che non è solo cristiano, ma anche civile e laico (v. art.2 Cost.)
Ma la nostra campagna ha anche un importante risvolto culturale, tesa come è a sollevare ancora una volta il problema della tutela della famiglia (quella vera, famiglia "naturale" fondata sul matrimonio: un'unione stabile, aperta alla generazione di figli). Se la famiglia è forte e numerosa i problemi di solitudine si riducono drasticamente.
Intanto, da BioEdge apprendiamo che un medico israeliano, Zohar Lederman, sostiene che i bioeticisti sottovalutano il problema della solitudine: un problema sociale che colpisce soprattutto gli anziani, ma non risparmia i più giovani.
In pratica, per ovviare alla solitudine, si cercano risposte "high-tech". Distribuire laptop gratuiti? Incoraggiare l'uso dei social media? Investire in robot dall'aspetto umano?
Ma noi siamo persone, soggetti di relazione, che modellano e riconoscono la loro identità attraverso le interazioni sociali. E Le connessioni sociali sono un prerequisito per l'autonomia personale, per la nostra felicità, per il benessere e la salute. Lederman ne è convinto. E noi ne abbiamo avuto la prova proprio durante il lockdown, quando la maggior parte delle relazioni umane si tenevano via internet. Persino i nonni in molti casi si sono avvicinati alla tecnologia e ai social.
Il che è certamente un bene, ai fini della comunicazione. Ma non è un bene ai fini della soluzione del problema della solitudine. Ne hanno fatto le spese anche i giovani e i giovanissimi, chiusi dentro una realtà virtuale che purtroppo spesso li rende fisicamente chiusi in camera loro, incapaci di relazioni autentiche. A maggior ragione ne fanno le spese i nonni: una telefonata o una videochiamata è certamente meglio di niente, ma non rende quella felicità, quel benessere e quella salute che conseguono al contatto umano.
Persino i conflitti e le crisi (per i quali la famiglia sana è una sana palestra, in cui si litiga, ma poi si fa pace) servono per confrontarsi, a farsi le ossa, per crescere, per non "morire di solitudine". È dal punto di vista culturale che questa battaglia per i nonni (che è una battaglia per la famiglia) va combattuta con energia (in modo pacifico e civile, si intende). Perché dal Nord Europa sta arrivando anche da noi la soluzione più semplice a tutti i problemi di cattiva salute, di disabilità e anche di solitudine: l'eutanasia.
La propaganda mortifera si insinua presentando casi limite e disperati, ma poi si estende a macchia d'olio. In Canada, in Belgio e in Olanda possono essere uccisi (su richiesta, ma non sempre, a volte "si presume" che la persona volgia morire!) anche coloro che si sentono soli.
Questo comporta una svolta in senso sempre più disumano di questa nostra società. Se in famiglia il nonno accudisce i nipoti, dovrebbe essere normale che poi nel momento del bisogno i nipoti possano accudire i nonni. Con il supporto materiale dello Stato - cui si accennava sopra - e con l'immenso vantaggio che si riceve quando si dona il proprio tempo, il proprio amore, a chi ha bisogno di cure e di cura. Perché l'esperienza del donare gratuitamente è quella che rende dignità e felicità vera, anche quando costa in apparenza qualche sacrificio.
Fonte: Il Settimanale di Padre Pio
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