Come ProVita ci siamo occupati spesso della pillola Norlevo, sia sul piano dottrinale e scientifico che su quello più propriamente giuridico.
Infatti, assieme ai Giuristi per la Vita, abbiamo presentato ricorso al Consiglio di Stato contro la pronuncia del TAR del Lazio che in maggio aveva affermato che la Norlevo “non è causa di interruzione di gravidanza”, dando ragione -quindi- al cambio del bugiardino in cui, appunto, si presenta la pillola come non abortiva.
Ora il Consiglio di Stato distrugge queste granitiche certezze...
__
Il 29 maggio 2014 la Sezione Terza-quater del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, con l’ordinanza n. 2407/2014, ha respinto la richiesta di sospensione degli effetti del provvedimento dell’Aifa sul farmaco Norlevo , la cosiddetta “pillola del giorno dopo”, affermando che«non sussistono, sotto il profilo del fumus, i presupposti per l’accoglimento della proposta istanza cautelare avuto presente, in linea con quanto evidenziato dalle resistenti amministrazioni, che recenti studi hanno dimostrato che il farmaco Norlevo non è causa di interruzione della gravidanza». Questo era il giudizio tranchant e lapidario dei giudici amministrativi di primo grado.
I Giuristi per la Vita e l’associazione Pro Vita Onlus hanno deciso di impugnare quell’ordinanza avanti il Consiglio di Stato. Ieri, 11 settembre, a Palazzo Spada si è tenuta l’udienza di discussione. I giudici di secondo grado hanno emesso l’ordinanza n.4057/2014, dimostrando una maggior capacità riflessiva rispetto ai colleghi del TAR. Per comprenderlo basta leggere il seguente passo del provvedimento:
«Considerato che la questione coinvolge aspetti complessi anche sul piano tecnico, che non possono essere adeguatamente approfonditi in una fase cautelare e che in particolare devono necessariamente essere chiariti in sede di merito le seguenti questioni:
– se l’affermazione contestata dalle appellanti (“Non può impedire l’impianto nell’utero di un ovulo fecondato”) nel foglio illustrativo per gli utenti sia coerente con i risultati degli studi sottostanti da riportare nel riassunto delle caratteristiche del prodotto, strumenti di primaria rilevanza per l’informazione del medico;
– se il documento impugnato derivi da una modifica di autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale correttamente rilasciata secondo la procedura di reciproco riconoscimento che coinvolge le valutazioni di più autorità sanitarie nazionali in ambito comunitario;
– se in tal caso sussistano le fondate ragioni di tutela della salute pubblica – richieste dalla direttiva CE 2001/83 (CE – per rifiutare quanto deciso a livello comunitario);
– se deve attribuirsi rilevanza al recente comunicato del 24 luglio dell’Agenzia europea dei medicinali secondo il quale i medicinali a base di“levonorgestrel” agiscono bloccando e/o ritardando l’ovulazione, senza fare alcun riferimento a effetti sull’impianto nell’utero dell’ovulo fecondato».
Nulla di scontato, quindi, sul piano scientifico, come pareva invece ai giudici di primo grado. Se è vero che il Consiglio di Stato ha respinto la richiesta di sospensiva del provvedimento poiché la complessità della vicenda non consente una decisione nella fase cautelare, è altrettanto vero che l’ordinanza di ieri, in realtà, riapre i giochi e rimette in discussioni le granitiche certezze scientifiche dei magistrati del TAR Lazio. L’Aifa non potrà più trincerarsi dietro l’apodittica affermazione secondo cui «il farmaco Norlevo non è causa di interruzione della gravidanza», assunto sbrigativamente fatto proprio dai giudici amministrativi romani. Almeno su questo punto il Consiglio di Stato pare inequivocabilmente chiaro.
Gianfranco Amato
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana